Processo a Pinocchio: un gioco a incastro, complesso e segreto

Processo a Pinocchio

Fotografia di Michela Piccinini

Me lo chiedono spesso: come faccio a vedere lo stesso spettacolo teatrale tante volte?
Ma non mi annoio? Tanto ormai so cosa succede…
L’11 aprile scorso, a Bologna, ho visto lo stesso spettacolo per due repliche di fila, il pomeriggio e la sera. E non erano le prime due volte, bensì la terza e la quarta.
Per alcuni sicuramente troppe. Per gli standard della sottoscritta ancora molto poche.
Anche perché so con certezza che Processo a Pinocchio avrà sempre qualcosa di nuovo da offrire. Nonostante la breve durata, infatti, (poco più di un’ora, un solo atto), e una scenografia essenziale e spartana che potrebbe far pensare ad un’ingannevole semplicità (sei pouf colorati, una scrivania), questa piccola opera creata da Andrea Palotto, a metà tra il musical e la prosa, con l’anima noir, è affilata come un coltello e colpisce a fondo.
Prima lascia perplessi: tutto inizia con uno dei sei personaggi in scena morto… ma poi il morto in questione si rialza (tecnicamente in mancanza dei dovuti accertamenti non può essere messo nella bara), unendosi agli altri che devono stabilire chi l’abbia ucciso, per la cronaca a martellate. Sempre per la cronaca, la “vittima” risponde al nome di Beppe… Grillo (già!) ed è, anzi era, uno psicoterapeuta.
A questo punto si può ritenere che questa storia faccia anche ridere. Ed è così. I sospetti riguardo a chi possa essere l’assassino si accentrano su uno dei pazienti di Beppe, Pino, un tipo alquanto bizzarro, bugiardo cronico e con una vita piuttosto complicata. Ha una moglie che non riesce a controllare il turpiloquio, una madre dispotica e soffocante che insiste perché la renda nonna e pure due amanti, una donna, cleptomane, e un uomo, col vizio del gioco. Anche loro sono pazienti di Beppe e sì, potrebbe non essere etico, ma ci sono casi particolari e questo è uno.
Diverte, confermo, questo gioiellino appuntito. Il ritmo è alto, i dialoghi non la mandano a dire, scorretti, piccanti, corrosivi, i personaggi sono tutti fuori come balconi, tranne il povero Beppe, unico punto fermo nella baraonda, ancorato al suo inseparabile taccuino, con un’ impassibilità che si può solo invidiare. Forse…
E qui ecco che a un certo punto lo spettacolo comincia a dare anche da pensare. Le risate iniziano ad avere un sottofondo amaro. Pino è come un novello Pinocchio, ha la sua Fata Turchina, un Gatto e una Volpe, un personale Mangiafuoco ed ovviamente il Grillo Parlante… ma si può vivere in una favola senza conseguenze?
Non giunge prima o poi il momento di affrontare la realtà da adulti?
Lo spartiacque che rappresenta il principio della consapevolezza per lo spettatore è il brano principale dello spettacolo, la splendida, emozionante È tutto qui (del geniale Marco Spatuzzi), in cui Pino inizia a lasciare uscire la verità. Dopo nulla sarà più lo stesso, sino ad un finale dal sapore inquietante. Che ovviamente non svelo.
Per sapere chi ha ucciso Beppe dovrete andare a vedere lo spettacolo, che sarà in scena dal 29 aprile al 3 maggio 2015, a Roma, al Salone Margherita. Se non potrete per le repliche di Roma, comunque segnatevi il titolo in agenda e non scordatevelo. Ripromettetevi di recuperarlo, prima o poi, in qualche teatro vicino o lontano.
La storia lo merita, il cast anche. A partire da Pino, interpretato dal grande Cristian Ruiz, vera e propria anima dello spettacolo, che non si ferma mai, divertente e struggente insieme. Attorno a lui, scoppiettanti, tutti sopra le righe e senza freni, Stefania Fratepietro (la moglie, che nelle repliche romane sarà Debora Boccuni), Elena Nieri (l’amante cleptomane), Brian Boccuni (l’amante giocatore) e Nadia Straccia (la madre). Si incastrano tutti perfettamente, come ingranaggi di un gioco complesso e segreto, guidati dalla musica di Federico Zylca, con il suo pianoforte.
Last but not least, una menzione speciale per Beppe. A Roma sarà portato in scena da Danilo Brugia, mentre io, a Bologna e nelle repliche precedenti, l’ho visto con il volto di Luca Giacomelli Ferrarini, sempre capace di grande espressività e intensità, anche – e forse soprattutto- in questo ruolo dove deve controllarsi e trattenersi così tanto.
Da chiunque dei due sia interpretato, comunque, Beppe va tenuto d’occhio. Lui ha la chiave del gioco segreto.
Dimenticavo, c’entrano anche il pittore Carciofari, Harry Potter e i magazzini Zara. Ma non posso dirvi perché.
Posso però dirvi perché torno a vedere uno spettacolo teatrale tante volte.
Perché sì. Perché ne vale la pena.
Perché le emozioni, quando sono belle, non bastano mai.
E Processo a Pinocchio andrei a rivederlo anche adesso.

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

4 Comments

  1. Uno spettacolo teatrale è un creatura che evolve agitandosi. Necessita di tempo, ripetere le proprie azioni, sempre diversamente, perché cresce, capisce, impara e solo così può generarelo stupore, sempre. Chi fa teatro lo sa, ci vive e cambia con lui, chi ascolta e osserva il teatro lo sente.

  2. Ciao! Io sono Martina, di Barcellona, e sono molto fan di Cristian e di Luca. C’è forma di vedere lo spettacolo, anche se online? O al meno di sapere come finisce? Ho comprato già la colonna sonora però voglio sapere cosa succede…vorrei tanto vederlo, o conoscere la storia che è così interessante!
    Grazie in anticipo!

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