RECENSIONE – “Memoriale”

Memoriale, Paolo VolponiAlbino Saluggia, l’indimenticabile personaggio di “Memoriale”, ci mostra attraverso il suo sguardo le contraddizioni del mondo industriale. È uno sguardo deformante, delirante, frustrato dalla paranoia, ma proprio per questo tragicamente capace di fissare l’attenzione nelle crepe di una normalitàdall’apparenza impeccabile. L’Italia del boom, l’ascesa dell’industria offre un quadro di perfetta coerenza e razionalità, la fabbrica offre lavoro, assiste e nutre i suoi operai, ogni tassello è al suo posto e tutto sembra funzionare in maniera impeccabile. Albino tuttavia soffre, l’esercito, la guerra, il campo di prigionia lo hanno prostrato nel corpo e nella mente, la tubercolosi minaccia la sua vita e ribadisce ogni momento il dolore patito durante il conflitto mondiale.
Albino è insomma un narratore parziale, inattendibile, allucinato da un complesso persecutorio ed incapace spesso di una piena comprensione degli eventi che lo sconvolgono ; allora perché il suo racconto ci colpisce tanto? Perché si percepisce palpabile nello scorrere delle pagine l’importanza di ogni parola?
Forse perché anche noi “sani”, noi “normali”, avvertiamo silenziosamente la terribile incoerenza della normalità, perché avvertiamo quanto il compromesso, dote suprema della sanità, ci abbia impoverito giorno per giorno, dove il pazzo è incapace di dire “va bene” di distogliere lo sguardo, il savio china la testa e rimane i silenzio, dove il pazzo non riesce a tollerare di essere poco più di un processo burocratico, una casella da annerire, il savio sta in coda e aspetta il suo turno.
La fabbrica è una scintillante promessa non mantenuta, dove chi parte cercando un lavoro dignitoso e la possibilità di inserirsi a pieno titolo nella società rimane vittima di un meccanismo alienante dove ogni vero contatto umano è del tutto negato. Albino cerca nella fabbrica solo ciò che non vi può trovare, ovvero comprensione e ascolto. Questa sarebbe la cura che egli stesso ricerca, ma la cura dei medici è un freddo meccanismo di controllo che mira più a preservare la fabbrica dai “casi clinici” che al recupero del paziente. Ciò che colpisce è come nonostante tutti i disperati eccessi del personaggio, l’istituzione monolitica dell’organizzazione aziendale non si scomponga minimante, dove ci aspetteremmo ammonizioni, ire, licenziamenti, troviamo solo precisi meccanismi aziendali, il malato viene via, via declassato finché si ritrova in una sorta di limbo dove sono relegati tutti i “casi”, propaggini improduttive dell’azienda perfette per contenere gli irregolari.
In conclusione lo sguardo del “pazzo” Albino è l’unico in grado di scardinare la vera follia ossia l’impeccabile razionalità del sistema, solo un occhio non-razionale può vedere oltre l’apparenza immacolata, fino a mostrare la reale irrazionalità di una società asettica, meccanica. Che nei suoi automatismi ha ormai dimenticato l’essere umano.
Dopo tanti eccessi perdonati al malato, al pazzo, al quale non si mostra rabbia ma compassione, l’ultimo, l’unico imperdonabile, costerà ad Albino il licenziamento. Persa ogni fiducia nelle istituzioni, nella promessa industriale che lo cura al costo di una totale disumanizzazione, Albino scopre un’ultima possibilità, un ultimo modo di riappropriarsi della sua coscienza deflagrata, sentirsi cioè parte di una classe di suoi simili, di operai che nonostante le apparenze sentono nel profondo le sue stesse sofferenze, Albino intuisce, ma è ormai troppo tardi, che non è dall’alto che arriverà la cura desiderata, ma nella vicinanza ai compagni in lotta per i loro diritti. Viene licenziato per aver favorito uno sciopero ed anche l’ultima tardiva speranza delude Albino al quale non resta che l’amara constatazione do essere infine totalmente solo.
Le parole del nevrotico Albino sono sempre sostenute dal linguaggio poetico di Volponi, Pasolini dirà a riguardo che nel libro ci sono due linguaggi: quello del operaio alienato e quello del fine poeta, i due linguaggi sono distinguibili eppure strettamente uniti come due lastre di vetro sovrapposte. La poesia di Volponi del resto ha la stessa potenza dello sguardo demistificatorio del folle, l’autore si propone di rompere la realtà, scindere ogni verità preconcetta fin nel linguaggio. La potenza espressiva che ne risulta è dirompente, forte come la pittura barocca tanto amata dall’autore. Volponi è senza dubbio uno dei migliori autori del nostro Novecento, i suoi romanzi sono opere dello spirito che non hanno pari in Italia e che possono essere paragonate solo ai frutti migliori della letteratura mondiale. Memoriale potrebbe essere un ottimo punto di partenza per la riscoperta di questo autore straordinario. La difficoltà delle sue opere, motivo che forse lo ha allontanato dal grande pubblico, è quella sana degli esercizi che accrescono lo spirito, la difficoltà delle prove importanti in cui cimentarsi per migliorare. Leggere Volponi è dunque un esercizio proficuo ed imprescindibile per chiunque ami la letteratura.

Brenda Canales

Mi chiamo Brenda, ho una grandissima passione per la cultura, la natura e tutto ciò che accade nel mondo nei più svariati ambiti. Di mestiere faccio la traduttrice, pertanto è nella mia natura osservare il mondo e le parole.

One Comment

  1. Mi sono avvicinato a Volponi (ho in mano il suo “Memoriale” appena cominciato a leggere) grazie a Pasolini con la sua stupenda opera postuma “Descrizioni di descrizioni” e a Guido Piovene che ne parla in un articolo del suo “La coda di paglia”.
    Ma è anche grazie a recensioni come quella qui pubblicata che nasce anche la voglia di conoscere l’opera di altri grandi della letteratura.
    Grazie allì’autrice dell’articolo!

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