RECENSIONE – “Leviathan”

LeviathanSiamo in Russia, in una piccola città del nord che si affaccia sul mare. È la storia di Kolya (Aleksey Serebryakov), un ex militare dal carattere un po’ rissoso e testardo ma in fondo di buon cuore. Kolya ha un problema non indifferente: il sindaco della cittadina in cui vive (Roman Madyanov), un ometto laido e coinvolto in torbide faccende, vuole sottrargli il terreno di sua proprietà sul quale sorge anche la sua abitazione. Kolya non ci sta e si lancia in una causa legale aiutato dall’amico Dimitry (Vladimir Vdovichenkov), suo collega ai tempi dell’esercito e ora avvocato di Mosca.

Il film si ispira alla parabola biblica di Giobbe, privata però della fede in Dio e di ogni nota di speranza: assisteremo infatti al disfacimento della vita di Kolya e non solo.

Senza andar troppo per il sottile, il film mette in luce alcuni degli aspetti più gravi e preoccupanti della Russia di oggi. Come il problema sociale dell’alcolismo: il film evidenzia come tutta la popolazione, in tutti i suoi strati sociali, faccia un uso smodato ed incredibile dell’alcol, più precisamente della vodka, che sembra essere l’unica via di fuga rimasta a questa gente, che si anestetizza tracannandola tutta d’un fiato e continuamente.

Poi il vuoto delle istituzioni: polizia, magistratura e uffici pubblici sono tutti asserviti al potere che, spalleggiato dalla malavita e dalla chiesa ortodossa, priva i cittadini dei propri beni e persino della libertà in modo del tutto arbitrario. Su tutti c’è lo Stato, come sottolinea la presenza inquietante del ritratto di Putin nello studio del sindaco, e assieme ad esso, mano nella mano, c’è il potere della Chiesa. Chiunque osi alzare la testa e ribellarsi, ha già il percorso segnato.

Sullo sfondo di una Russia desolata e desolante, dove il vento gelido sferza sulle carcasse di vecchie navi, balene ed edifici di un’epoca passata che aleggia spettrale, Kolya, come chiunque altro, è solo a combattere contro quel Leviatano che è lo Stato, il quale avrebbe il compito di garantire la libertà delle persone ed invece non fa altro che sottrargliela. E quel che è peggio è che sembra non esservi alcun impulso, alcuno spunto, per una nuova rinascita.

Il film, che si affida alla fotografia di Mikhail Krichman, seguendo una struttura circolare, si apre e si chiude sulla natura: le immagini del Mare di Barents, le scogliere, il vento e nessun essere umano, quasi a sottolineare che l’ambiente, la natura, esiste prima e dopo l’uomo e soprattutto, prima e dopo le sue fatiche.

Vincitore nel 2015 del Golden Globe come Miglior Film Straniero e della Miglior Sceneggiatura a Cannes 2014.

Sindaco: «Il potere, Kolya, bisogna saperlo riconoscere…»
Kolya: «E che vuole il potere da me?!»
Sindaco: «Tutto quanto questo…»






“Leviathan” (“Leviafan”, drammatico, Russia, 2014) di Andrey Zvyagintsev. Con Alexey Serebryakov, Elena Lyadova, Sergey Pokhodaev, Roman Madyanov, Vladimir Vdovitchenkov, Anna Ukolova, Kristina Pakarina, Aleksey Rozin, Lesya Kudryashova.
Produzione: Non Stop Production.

Francesca Orlandi

Mi chiamo Francesca, sono laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Ferrara e da sempre appassionata di cinema. In questo spazio virtuale mi occuperò di recensire film e dare consigli cinematografici.

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