RECENSIONE – “Il Gattopardo”

Il Gattopardo, di Tomasi di LampedusaIl principe Fabrizio è un appassionato di astronomia: egli scruta la vicenda senza tempo dell’Universo; ne intravede le leggi regolatrici, gli assiomi, le geometrie; ma comprende in fondo la distanza, il distacco, l’alterità rispetto a tutto ciò che si svolge sulla Terra. Questa sua passione, vista come una stravaganza nell’ambiente gattopardesco, sembra in fondo aprire al significato dell’opera.
Il mondo del Gattopardo sta cambiando: eventi lontani, idee nuove, sembrano smuovere l’immobilità sonnolenta e sorniona della Sicilia di fine Ottocento. L’Italia si sta unendo sotto gli ideali del Risorgimento, il futuro, le magnifiche sorti e progressive, di cui si discute nei salotti e nei caffè di Torino, cambieranno il mondo feudale ed arretrato dell’Italia divisa.
Nell’isola del Gattopardo però delle belle idee romantiche non arriva che un grottesco riflesso, i giovani si fanno belli nelle camicie rosse garibaldine (salvo poi disprezzarle per divise di miglior fattura) mentre l’aristocrazia si rassegna a un volta faccia (l’ennesimo) che porterà un nuovo straniero a decidere dell’isola (che si illuderà di decidere dell’isola) insomma, parafando la più celebre frase del romanzo, tutto è cambiato per rimanere uguale.
La prospettiva storica del Gattopardo sembra talvolta parziale, limitata, forzata in una lettura cinica che non afferra appieno il senso degli eventi storici, ma proprio questa parzialità restituisce la genuinità dello sguardo di un uomo, il principe Salina, che immerso negli eventi può solo cercare di leggerne i significati secondo la propria cultura e la propria esperienza, non potendo contare sul distacco storico che solo il tempo sa dare.
Ciò fa del lettore un confidente del vecchio principe che confessa tutto il suo amaro disincanto. Il lettore condivide col aristocratico felino l’acre visione di un mondo in cui vince l’opportunismo politico, l’immobilismo e in cui l’ideale esiste solo per rendere gli uomini ciechi davanti ai reali bisogni del neonato regno d’Italia. L’unificazione presentata nel romanzo come un carnevale di figure bizzarre, è un tappeto sotto il quale si accumula la polvere di problemi secolari che, lungi dall’essere affrontati, vengono taciuti e consegnati nelle mani dei posteri immutati nei secoli. Molti dei mali di cui oggi soffre l’Italia (ancora in fondo giovane) trovano origine proprio nel modo miope e forzoso con cui è nata l’unità. Esemplare in tal senso, e desolante, l’episodio del plebiscito che si risolve con il sì unanime all’annessione della Sicilia al regno d’Italia. Il voto è truccato nonostante l’esito fosse scontato: se avessero rispettato il voto del popolo i “Sì” avrebbero comunque prevalso e la presenza dei “No” avrebbe dato più valore al volere popolare, come osserva il primcipe Salina. Questo primo tradimento agli stessi ideali che il Risorgimento promuoveva sembra gettare un’ombra scura sul futuro italiano che arriva fino ai giorni nostri.
Tutto il romanzo è pervaso da un senso di morte; la terra siciliana aspra, sterile e bruciata dal Sole si connota come un ambiente ostile e violento che ricorda le descrizioni de “I Malavoglia”. L’uomo in questo contesto è un ospite sgradito, sempre in bilico sull’abisso, mentre solo la terra, indifferente alle vicende umane, sopravvive sempre e si perpetua. Garibaldi, Cavour, il principe Fabrizio, ma anche la nuova classe dirigente con i suoi Sedàra, non sono che figure transitorie, attimi nella storia del mondo; nulla cambia in fondo perché nulla può cambiare l’uomo con la sua breve esistenza.
Le speranze tradite del Risorgimento sono in fondo le stesse di altre grandi occasioni perdute. Il libro è scritto nel ’57 a pochi anni dalla Resistenza e dalle sue promesse di riforma. Il disincanto dopo i primi entusiasmi è lo stesso di tante promesse non mantenute nell’Italia del dopoguerra, Tomasi di Lampedusa scava nella storia d’Italia individuando nella Sicilia risorgimentale un momento-luogo esemplare, che esprime un messaggio ancora oggi attualissimo.

Brenda Canales

Mi chiamo Brenda, ho una grandissima passione per la cultura, la natura e tutto ciò che accade nel mondo nei più svariati ambiti. Di mestiere faccio la traduttrice, pertanto è nella mia natura osservare il mondo e le parole.

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