RECENSIONE – “Film Parlato”

“Film Parlato” - Irène NémirovskyQualche anno fa, casualmente, ho scoperto questa autrice, ancora forse poco conosciuta anche in Italia: Irène Némirovsky, nata a Kiev nel 1903, figlia di un ricco banchiere, di religione ebraica fino a quando, nel 1939, già residente in Francia, non si convertì al cattolicesimo.
Assieme alle mie amate amiche del club di lettura, per primo lessi il suo romanzo “Suite Française”, che racconta la convivenza tra francesi e tedeschi nell’estate del 1940 dopo l’occupazione nazista. Tuttavia, ciò che mi ha fatto appassionare alla scrittura della Némirovsky, sono stati i suoi racconti e più precisamente la raccolta che in Italia porta il titolo “Film Parlato”.
È fuori da ogni dubbio che la Némirovsky fosse fortemente attratta dal cinema e il 6 marzo 1939 fu proiettato, presso la sala Gaumont degli Champs-Élysées, “David Golder” di Julien Duvivier, il primo film francese parlato tratto dall’omonimo romanzo della Némirovsky, pubblicato soltanto due anni prima e che aveva avuto già un grande successo.
L’influenza che il cinema aveva sulla scrittrice è evidente soprattutto nel racconto che dà il titolo a questa raccolta e che è anche sia il primo sia il più lungo. Scritto nel 1931, ha tutte le caratteristiche di una sceneggiatura; la Némirovsky attinge a piene mani dalle tecniche cinematografiche facendo largo uso di didascalie a rinforzare il racconto, carrellate e particolari sia visivi che sonori.
A chiusura della raccolta che comprende in tutto dodici racconti, vi è un saggio di Olivier Philipponnant, biografo della scrittrice, in cui racconta che per molto tempo Irène Némirovsky considerò il racconto come l’unico formato adatto ad accogliere i ricordi d’infanzia troppo vaghi o tardivi per convergere nella sua autobiografia romanzata, “Vino della Solitudine”. In ognuno dei racconti presenti in questa raccolta, infatti, la Némirovsky inserisce qualcosa di chiaramente autobiografico (la fuga in Finlandia dalla Russia durante l’adolescenza, il rapporto molto conflittuale con la madre…) camuffando così i propri ricordi con la vita dei personaggi.
Tutti i racconti sono tenuti assieme da uno stesso filo: il destino.
Personaggi irrisi e scherniti dalla sorte che dissemina le loro vite di dolore, errori, sogni infranti e disillusioni. Così la Némirovsky ci racconta la vita, il cui corso non può essere governato dall’uomo, anche quando vissuta fino in fondo, intensa e lottata. Anche Irène Némirovsky cercò di combattere, illudendosi, il proprio triste e tragico destino, convertendosi al cattolicesimo e credendosi protetta dalla sua posizione di scrittrice popolare. Nell’aprile 1942 chiese alla figlia di portarle a Parigi, assieme ad altri oggetti, una macchina da cucire. La figlia stessa, Denise Epstein, raccontò: “La mamma non ha mai cucito. Eccetto la stella gialla”.

Francesca Orlandi

Mi chiamo Francesca, sono laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Ferrara e da sempre appassionata di cinema. In questo spazio virtuale mi occuperò di recensire film e dare consigli cinematografici.

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