Il vagabondo che parlava al tramonto

Il vagabondo che parlava al tramonto«Vivendo come vivono i soli tramontati»
Paul Eluard

Il vagabondo arrivava sempre all’imbrunire. Attraversava il paese con passo lento e tranquillo, gli occhi fissi sul tramonto, delicato ed esile come una figurina di vetro soffiato. Non si curava di nessuno, né dei bambini che abbandonavano giochi e cortili per guardarlo passare a bocca aperta, né degli adulti che lo osservavano con commiserazione, perché si diceva che fosse ricco e se ne infischiasse dei soldi. No, lui non se curava. Sembrava importargli solo del sole che scendeva. Continuava a camminare fino a raggiungere una radura al limitare dei campi, dove le macerie di una casa crollata si allungavano verso il cielo.
Laggiù, una panchina di pietra guardava all’orizzonte in compagnia di un vecchio pozzo e il vagabondo vi sedeva in silenzio, con aria assorta: le mani, abbandonate in grembo, stringevano un pacchetto di carta. Spesso i ragazzi lo seguivano per spiarlo, nascosti fra l’erba alta. Lui lo sapeva, ma non badava nemmeno a loro: restava immobile, sempre più piccolo e scuro.
Amava i tramonti. Erano qualcosa di magico, che dava l’idea del passare del tempo, del suo scorrere sopra le stagioni, i conflitti, le passioni, i mondi. Ne aveva visti tanti, in vita sua, ma nessuno era mai stato uguale all’altro: una piccola sfumatura, un diverso gioco di luce, il ricordo di un temporale… Bastava poco. Era come morire ed ogni volta rinascere, ogni volta un nuovo tramonto a renderti differente.
Così, in quel momento speciale in cui il giorno non è più giorno, ma non è ancora notte, il vagabondo apriva il pacchetto di carta che teneva in grembo e ne estraeva piano un’ocarina. Iniziava a suonare e all’improvviso non era più piccolo, né solo, né incompreso, né mortale. Le dolci note dello strumento d’argilla lo sollevavano in alto, sulle ali di un linguaggio che solo la musica poteva insegnare e lui volava a danzare con il rosa, con l’arancio, con il giallo e con il bianco, poteva attraversare le nubi impalpabili ammassate sull’orlo del mondo e gettarsi nell’immenso blu ancora più oltre.
Il vagabondo parlava al tramonto e tutti in paese potevano udire le sue parole in musica, trasportate dal vento della sera. C’era chi ridacchiava divertito, chi scuoteva il capo, chi alzava il volume del televisore, chi non se ne accorgeva continuando a coprire qualsiasi suono con la propria voce: erano coloro che non sapevano più volare.
Ma c’era anche chi, semplicemente ascoltava: una ragazzina innamorata affacciata alla finestra e, laggiù, in quel cortile, un vecchio piegato dagli anni che fumava la pipa, oppure, più in là, dietro quelle tendine ricamate, una giovane madre che cullava il suo bambino. E forse ascoltavano anche quel vedovo, solo nella casa ora così vuota, e la donna che il marito aveva picchiato poco prima… Erano coloro che ancora sapevano volare. Al tramonto volavano via insieme al vagabondo, forse verso luoghi diversi, ma sulle ali della stessa musica. Volavano ad abbracciare volti cari e perduti, a ritrovare sogni dimenticati, ad incontrare se stessi, ad afferrare per un istante un lembo di infinito.
Poi improvvisamente l’oscurità spegneva luci e colori e l’ocarina taceva, tornando a riposare nel suo involucro di carta. Per chi aveva ignorato il vagabondo che parlava al tramonto si preparava una notte come tante, ma per gli altri, quelli che avevano volato, la brezza notturna avrebbe portato sogni colorati e speranze nuove. Soprattutto, per loro, ci sarebbe stata tanta musica.
Il vagabondo spese tutta la propria vita nella ricerca di quell’inestimabile incantesimo, raccontandosi al tramono e suonando la sua ocarina. Attraversò il paese ad ogni stagione e, sempre, fra i tanti sguardi indifferenti o superficiali, ve ne furono molti benevoli, che tacitamente lo ringraziarono.
Infine un giorno non comparve più. Sarà morto, dissero alcuni, era vecchio.
Sarà diventato lui stesso un tramonto, disse chi aveva amato la sua musica.
Forse proprio il tramonto di questa sera.

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

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