RECENSIONE – “E adesso, pover’uomo?” di Hans Fallada

“E adesso, pover’uomo?”, Hans FalladaJohannes e Emma, o come si chiamano tra loro affettuosamente Hans e Lämmchen, sono una giovane coppia che decide di sposarsi quando scopre di aspettare un bambino. Vivono nella Repubblica di Wimer e sono gli anni Trenta. Il loro mondo, però, non è quello degli scrittori e artisti dell’avanguardia, né quello audace dei cabaret. Il loro mondo è quello molto al di sotto della classe media, è quello della gente che combatte ogni giorno per non soccombere.
Inizialmente Hans, dopo esser stato commesso d’abbigliamento, lavora come ragioniere per un commerciante ebreo, il signor Bergmann, ma dopo un litigio con la moglie di quest’ultimo e in seguito ad un’altra possibilità di lavoro, lascia il proprio posto di ragioniere e viene assunto da un commerciante di cereali, il signor Kleinholz. Poco dopo Johannes capisce che per tenersi questo impiego dovrà cedere ad un compromesso: sposare la figlia di Kleinholz, brutta e sgradevole, cosa impossibile visto anche suo matrimonio con Lämmchen.
La situazione economica della coppia è costantemente sull’orlo di un precipizio. La decisione impulsiva di Johannes di acquistare una toletta per far felice la sua adorata Emma, avrà conseguenze pesanti e durature sul loro budget.
La terribile inflazione della Repubblica di Weimar è passata ma rimangono i danni psicologici causati da essa – e dalla Prima Guerra Mondiale – ma ciò che affligge la gente come Hans e Lämmchen è la disoccupazione: milioni di disoccupati e chi un lavoro ce l’ha, è disperato per la paura di perderlo e perciò disposto a tutto.
Hans e Lämmchen sono persone limitate e con molti difetti, ma allo stesso tempo mostrano attributi positivi che li redimono ai nostri occhi. Lui, probabilmente per colpa dell’educazione ricevuta da una madre distaccata e squallida, non è in grado di dare il giusto valore alle cose e ha scarsa fiducia in sé, come dimostra quando torna a lavorare come commesso a provvigione nel reparto abbigliamento di un grande magazzino: il lavoro è così stressante e la pressione è tale da influire negativamente sui suoi risultati. Solo la sua devozione incrollabile verso Lämmchen e il bambino in arrivo lo tiene a galla. Emma stessa, nonostante una natura dolce, è a volte irrazionale e ingiusta col marito, anche se si tratta di episodi sporadici e brevi.
Nonostante qualche aiuto dallo stato e da qualche amico e conoscente, il sentimento dominante di Johannes e Emma è quello di una solitudine assoluta.
I due non sono particolarmente interessati alla politica ma hanno la sensazione che “il sistema” sia contro di loro. Nonostante Emma, all’inizio del libro, faccia un commento antisemita, ne lei ne Hans attribuiscono agli ebrei le colpe dei problemi economici della Germania. Addirittura lui è scioccato quando, parlando con una donna d’affari ebrea, scopre dei maltrattamenti subiti dalla stessa per mano degli antisemiti. La coppia è tendenzialmente di sinistra e attribuisce i propri problemi ai ricchi e potenti in generale. Dai racconti di Johannes però, specialmente quelli riferiti ai colleghi di lavoro, si capisce che la classe più povera è spaccata in due, tra chi sceglie di aderire al partito Comunista e chi al partito Nazionalsocialista.
In questo romanzo del 1932, è difficile non trovare similitudini tra la situazione di Johannes ed Emma e quella di tutti i giovani disoccupati e sottoccupati di oggi in Europa. Il senso di delusione e l’assenza di speranza per il futuro sono così simili da dare al lettore una sensazione di disagio. La certezza di Johannes che i politici siano degli opportunisti chiacchieroni interessati solo al loro tornaconto, trova certamente eco nell’Europa di oggi. Inoltre, alla luce dei fatti che seguirono quegli anni, il parallelismo tra allora è oggi è ancor più preoccupante.

Francesca Orlandi

Mi chiamo Francesca, sono laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Ferrara e da sempre appassionata di cinema. In questo spazio virtuale mi occuperò di recensire film e dare consigli cinematografici.

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