“Nel bel mezzo di un gelido inverno”: l’essenza del teatro in un film

Nel bel mezzo di un gelido invernoVent’anni fa, Kenneth Branagh era preso da progetti impegnativi e tutt’altro che discreti, come il narcisistico “Frankenstein” o il colossale “Hamlet”. Eppure trovò anche il tempo di girare un piccolo film a basso costo, in un essenziale bianco e nero, “Nel bel mezzo di un gelido inverno“. Una storia delicata e tenera, buffa ma anche seria, semplice eppure travolgente, con dentro l’essenza pura del teatro. Quel teatro che si fa con pochi mezzi e molta passione, con sacrifici e rinunce e un pizzico – anzi una buona manciata – di follia.
Tutto comincia da un giovane attore in crisi, che decide di mettere in scena una versione libera e sperimentale dell’Amleto di Shakespeare in una chiesa sconsacrata del paesino in cui è nato e cresciuto, per la vigilia di Natale. Grazie ad un annuncio sul giornale, riunisce una sgangherata compagnia di attori e con l’aiuto della sorella si lancia nell’ardua impresa: tante idee, pochissimi soldi, un sacco di ostacoli. Strada facendo conosciamo tutti i suoi compagni di avventura, ognuno con la propria storia e i propri drammi personali, dall’attempato burbero che si rammarica di non aver mai fatto il teatro classico, all’omosessuale che adora interpretare le matrone e ha un figlio con cui non parla da anni, passando per la giovane vedova che non ammette problemi di vista, l’insicuro che beve perché non sa di piacere al pubblico o la bizzara scenografa dai capezzoli veggenti.
Personaggi eccentrici ma veri, che via via stabiliscono legami e amicizie, coinvolti da un progetto comune e dalla volontà di portare sul palcoscenico il loro sogno, condividendolo con il pubblico. Come dice ad un certo punto Joe, il protagonista, a lui Amleto ha cambiato la vita da adolescente. Dopo averlo visto non è più stato lo stesso. Forse è questo ciò che anima la maggior parte degli artisti: il desiderio di trasmettere a quante più persone possibile la meraviglia e la magia che hanno rapito loro per primi.
Alla fine Joe si troverà ad un bivio: scegliere una grande produzione cinematografica americana e quindi quattrini e successo o proseguire coi suoi nuovi amici e un modesto ma intensamente voluto spettacolo di Natale?
Vincerà il cuore. E noi spettatori potremo goderci un Amleto in salsa anni Quaranta, condito da una delle trovate più divertenti che ricordi: il pubblico di cartone, tante sagome in pose ed espressioni diverse mescolate alle persone vere, per riempire i vuoti. Senza contare il piacere di vedere il pubblico in carne e ossa partecipare con entusiasmo e farsi portare via dal fascino delle vicende del principe danese, esattamente come i nostri personaggi avevano sperato. E anche per tutti loro ci saranno un lieto fine e nuovi inizi.
Una storia semplice, dicevo, forse prevedibile, ma così sinceramente pervasa dall’amore per il teatro da contagiarti con la voglia di vedere un palcoscenico da vicino, di respirare anche solo da spettatore la sua atmosfera tutta particolare. E magari di rileggere anche Amleto.
Per cui se non avete mai visto questo film, recuperatelo. Se lo conoscete, rivedetelo. È stato tra l’altro davvero trasposto in versione teatrale, anche qui in Italia.
Concludo con una battuta tratta dal film. Quando la sorella di Joe gli chiede se voglia viaggiare nel suo vecchio catorcio con della gente viva dentro, lui risponde: «Con degli attori. Loro sono diversi».
Esatto. Gli attori sono diversi. Loro sognano ancora. E regalano sogni a chi ha smesso o non ha più il coraggio di sognarli.

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

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