MOMENTI DI TERRORE ASSOLUTO Parte I

The Prodigy 1Come mi ha fatto notare una mia amica, ci avviciniamo a una festività la cui popolarità è cresciuta di anno in anno: Halloween. Coincidenza ha voluto che stessi sfornando una serie di post relativi a momenti di terrore assoluto e che fossero, tra le altre cose, già belli e pronti da pubblicare. Ma no: stiamo parlando della sottoscritta. Si cancella il tutto e si ricomincia da capo per inaugurare ufficialmente la miniserie di quattro puntate: “Momenti di Terrore Assoluto”.

Nonostante io sia profondamente turbata e spaventata anche solo all’idea di ricordare certe cose, troverò per voi il coraggio di dedicare la prima puntata a un gruppo molto cattivo e turbolento: The Prodigy.

Il mio rapporto con questa band nasce dopo aver subito un loro live. Uso il verbo subire perché mi sono ritrovata in mezzo ad un rave party in quel di Bologna, Flippaut Festival 2005, del tutto inconsapevole di ciò che mi sarebbe capitato. Si dimenavano on stage dopo gli Slipknot e prima degli Audioslave. Un concerto piuttosto movimentato. Forse nemmeno da un frullatore sarei potuta uscire più frullata e soprattutto penso di non aver mai mangiato così tanta polvere: ero vestita di nero. Splendida idea e sana giovinezza.

Mi ricordo che, nella bolgia, ero riuscita a tirare fuori il cellulare per mandare un sms di sfottò a qualcuno per generare della sana invidia e mentre cercavo di digitare qualcosa che avesse un senso, alzo lo sguardo: all’improvviso mi si para davanti una presenza statuaria, tutta nera, con una fascia bianca dipinta sul viso all’altezza degli occhi. Maxim si stava avvicinando fissandomi in una maniera che sul momento mi sembrò molto malvagia. Tutte le ragazze urlavano di visibilio. Io ho urlato di terrore. Mi aveva presa alla sprovvista e non è che si può essere sempre pronte. Insomma, quante volte può capitare una cosa così? Sono fuggita lasciandolo preda di abbracci e slinguazzate di altre presenze femminili più o meno ubriache. E comunque, sì: è rimasto perplesso. Anzi, credo proprio che ci sia rimasto male, ma sono convinta che se ne sia fatto una ragione e che abbia smesso di pensarci. In ogni caso, devo precisare, che non sono una persona che ama il contatto fisico con gli sconosciuti, ecco. Come mi sono ritrovata in una situazione simile? Non lo so, ma mi ci ritrovo spesso in situazioni per le quali sono totalmente inadeguata. Per fortuna ne esco sempre viva e incolume, soprattutto lamentandomi.

Occasioni mancate a parte, il concerto fu meraviglioso. Naturalmente li conoscevo e avevo avuto modo di ascoltare i singoli più di successo, trovandoli gradevoli, ma dal vivo sono veramente da non perdere e non me lo aspettavo proprio. Ora li amo.

L’attività della band comincia nel 1990, dall’incontro di Keith Flint, Liam Howlett, Leeroy Thornhill e in ultimo, ma non per importanza, Maxim.

L’idea era quella di portare al pubblico uno spettacolo che potesse accendere i rave di quel periodo, mettendo le basi per quel genere che verrà indicato come Big Beat. Il Big Beat è un genere musicale che unisce componenti tipicamente danzerecce con suoni elettronici e psichedelici, ma unendo anche manciate di soul, rock, jazz e punk. Insomma, un calderone. Come stile è abbastanza curioso e per allora decisamente innovativo.

I Prodigy sono una band assolutamente di grandi numeri. Anche se, come scritto prima, l’energia si respira dal vivo, sia la produzione discografica, sia la produzione video, non sono da meno. Alcuni singoli sono delle pietre miliari delle classifiche e quando si parla di musica è quasi banale elencarli: Breathe, Smack my bitch up e Firestarter, tutte appartenenti alla tracklist dell’album di maggior successo della band, The fat of the Land, anno 1997. I successivi non riescono a bissare il successo in classifica, tanto che anche all’interno della band si assiste all’abbandono da parte di Leeroy. I live rimangono comunque sempre eventi seguitissimi a cui continua la partecipazione dei due cantanti, dapprima solo ballerini, Maxim e Keith Flint. I due hanno all’attivo anche qualche produzione da solisti, in particolare Maxim che riscuote successo in coppia con Skin sul pezzo Carmen Queasy. Ma in generale non hanno impressionato le classifiche. Si deve anche tener conto che il genere è nato per girare nei club e meno nelle radio. Tuttavia gode sempre di un certo seguito e lo dimostra l’attesa che puntualmente riescono a suscitare, non solo i Prodigy, ma anche gruppi come The Chemical Brother, The Crystal Method e Fatboy Slim, precursori anche loro del genere Big Beat.

Nell’ultimo lavoro di inediti, uscito quest’anno, la presenza di Keith Flint torna ad essere produttiva. Attaccano duramente l’attuale scena dei DJ, secondo loro priva di innovazione e coraggio. A ragione, secondo me. Non me ne vogliano a male gli amanti del tunz tunz odierno, capisco abbia anch’esso il suo fascino, ma la ricerca musicale è un’altra cosa. Non posso che essere d’accordo con l’affermazione che “non basta una consolle e una chiavetta” per essere DJ.

Gli anni 90 sono stati un periodo di grande fermento della scena elettronica inglese e i Prodigy sono riusciti a contribuire grazie a una genuina passione per il genere che si trasmette molto bene. Il tutto è nato da un incontro ad un rave e uno scambio di mixtape. Devo dire, meno male che Liam Howlett non ha avuto con Keith Flint (che pure non ha uno stile decisamente sobrio) la stessa reazione che ho avuto io davanti a Maxim: ma si può?

Adesso, si realizza uno dei miei più grandi sogni, anche se solo in forma scritta: l’annuncio della prossima puntata. Ci provo, spero venga bene…

Ci vediamo alla prossima puntata. Non mancate!

https://youtu.be/h1AaKBbNGkk

Giovanna Cardillo

Sono Giovanna. Da anni m’interesso di musica, che scrivo e soprattutto ascolto. Ho esperienza come musicista nel teatro terapeutico e ho studiato Culture e Tecniche della Moda. Mi innamoro di tutti i gatti che vedo e ho sposato appieno la loro filosofia di vita. Anzi, tutte le loro sette vite!

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