METEORE? Parte II

joan-osborne-1Vi comunico che ci ho ufficialmente preso gusto e ho deciso di inaugurare un piccolo angolo da dedicare a meteore che non sono precisamente tali, un po’ perché in realtà le carriere degli autori hanno continuato con onore battute un po’ dalle nostre aspettative nei loro confronti, un po’ perché magari sono terminate per motivi che nulla hanno a che fare con la qualità della loro produzione. Perciò il punto di domanda vicino a meteora mi sembra d’obbligo. Oltretutto una meteora un segno lo lascia.
Chi di voi mi segue da un po’, conosce il mio amore per le domande, soprattutto quelle dalla risposta non facile. Beh, non posso certo ignorare un’artista che ha ribaltato le classifiche globali con una questione molto semplice, bella e dalle infinite risposte: e se Dio fosse uno di noi? Già, che cavolo gli si chiederebbe mai? Oltretutto lo ipotizza come un’anima sola che riceve telefonate solo da Roma, magari di lavoro.
Posso sembrare blasfema e probabilmente risulto offensiva per chi ha una fede profonda, ma è chiaro che il riferimento è alla solitudine umana e non è mia intenzione tirar fuori questioni di credo. La domanda di Joan Osborne ha molteplici interpretazioni e qui ne do la mia. In questo brano del 1995 di enorme successo che non è più riuscita a bissare, What if God was one of us, vi leggo molti aspetti. Il primo è quello di riportarci un po’ tutti coi piedi per terra. Tutto ciò che abbiamo creato è umano e perciò confutabile e soprattutto destinato a un termine. Ci si affanna per qualcosa di divino, che possiamo ricondurre a una questione di fede, materiale, d’immagine e apparejoan-osborne-2nza. Perciò “se Dio avesse un volto, a chi assomiglierebbe?”. Esprime benissimo che a qualsiasi cosa il significato lo attribuiamo noi. Altro aspetto è quello di ridare rilievo, umanamente e socialmente parlando, alla fatica che soprattutto le classi meno abbienti affrontano in una società come quella americana. Il successo e il merito possono arrivare, certo, ma a che prezzo? Ricollegandosi alla domanda precedente, vorresti vederlo il suo volto? Anche se questo significherebbe credere in qualcosa che credevi impensabile? Quanto sai metterti in gioco? In un gioco le cui regole non le stabilisci certo tu. Altro aspetto che trovo evidente nelle domande della Osborne non è quello di voler ribaltare un dogma, ma anzi esprimere il bisogno di credere nuovamente in qualcosa. Poi ognuno è libero di indirizzarsi verso una morale piuttosto che un’altra.
Tutte queste domande in un semplice pezzo che viene spesso attribuito erroneamente ad Alanis Morissette, e che è invece un mattone importante nella seppur non brillantissima carriera di questa cantante originaria della piccola borghesia del Kentucky. Probabilmente è stata vittima delle aspettative, dopo un brano così importante e tra l’altro orecchiabile, è difficile reggere il confronto. Più che bruciarsi penso che siamo stati noi come pubblico a bruciarla. Negli Stati Uniti la questione fede sembra essere molto sentita, più che altro in termini di espressione sociale, il come vivere in maniera serena e libera con sé stessi e gli altri. Credo fermamente che ci siano ambienti spaventosamente bigotti, ma un po’ come da tutte le parti. Poi, possiamo anche evitare di tirare in ballo fenomeni di provocazione che poco interessano quest’ambito di discussione. Sì, credo proprio che il brano in questione trovi la sua forza proprio nella libertà di osservazione e interpretazione di ciò che vi è espresso. Ognuno può dare le sue risposte, i dubbi che vengono espressi, non sono insinuazioni, ma punti di vista che sei libero di accettare per tali o meno. Puoi incazzarti pro e contro. Insomma, sembra aver trovato il centro perfetto della questione per poterla esaminare a trecentosessanta gradi. Personalmente non sono così abile e perciò mi limito ad esprimere quello che riesco a vederci io. In un qualche modo tocca l’animo secondo la tua problematica e spinge l’acceleratore sul significato di divino, qualcosa che ingloba anche ciò che noi non comprendiamo.
Come fai a bissare una cosa così? Il tutto è stato chiaramente scritto di getto e un’istintività di tale portata è naturale che possa viaggiare lontano.
Gli anni sono i novanta, quegli anni in cui la musica ha sfoderato il suo meglio e il suo peggio, in cui le onde hanno portato a riva alcuni contenuti e tenuti a galla altri. Sicuramente si stava cominciando ad accusare un problema che tutt’ora imperversa e cioè che nonostante la popolazione aumenti, insieme alle sue possibilità, ci si isoli in una sorta d’ipnosi generata da bisogni che rischiano di diventare solo problemi e non stimoli.



[ Immagini: www.soundsblog.it | www.mychordbook.com ]

Giovanna Cardillo

Sono Giovanna. Da anni m’interesso di musica, che scrivo e soprattutto ascolto. Ho esperienza come musicista nel teatro terapeutico e ho studiato Culture e Tecniche della Moda. Mi innamoro di tutti i gatti che vedo e ho sposato appieno la loro filosofia di vita. Anzi, tutte le loro sette vite!

4 Comments

  1. A proposito di meteore, ma gli Ustmamö? Ieri sera ne parlavo con il badantO e rievocavo appunto noi due adolescenti (io e te dico, non io e il badanto) e il loro cd, mi piacevano molto. So che la Redenghieri ora rivisita i canti tradizionali dell’appennino reggiano, ma gli altri? Kisses vari

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