«Non basta aprire la finestra per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi per vedere gli alberi e i fiori.
C’è solo una finestra chiusa e tutto il mondo fuori.
E un sogno che potrebbe essere visto se la finestra si aprisse»
Fernando Pessoa
Sedevo qui.
Nei giorni tiepidi, quando il sole riscaldava il sedile di pietra e le acque del lago cambiavano colore al passaggio delle nuvole.
Sedevo qui, con i miei abiti medievali e i lunghi capelli intrecciati che non tagliavo da quando ero bambina. Poco più di una giovinetta, perché all’epoca la vita finiva presto e mi chiamavano donna anche se non riempivo neppure la scollatura.
Sedevo qui, a cantarmi filastrocche infantili, in attesa di un cambiamento. Sarebbe arrivato veloce, come il temporale che incupiva il cielo sempre più. Una primavera tempestosa, quella, instabile. Come le mie emozioni. Sarei andata sposa in estate, via dal lago, via da questa finestra da cui affidavo pensieri al vento, in una dimora sconosciuta, al fianco di un consorte veduto solo in un ritratto. Non desideravo in verità nulla di diverso, sapevo da sempre che doveva succedere. Forse mi attendeva un avvenire felice. Lo auspicavo. Era la speranza che cercavo con gli occhi da questa finestra. Un tesoro dorato in fondo al lago, un raggio di luce tra le nubi.
Sedevo qui e sognavo, come hanno sempre sognato tutte le fanciulle. Sogni sciocchi, chissà. Eppure leggeri come risate. Come carezze.
Tu che siedi qui adesso, non saprai come sia stata infine la mia esistenza, quanto a lungo sia durata, cosa mi abbia donato o tolto. Ma saprai che sono stata qui, a sedere al tuo posto.
Una ragazzina affacciata ad un davanzale, con gli occhi che cercavano sogni.
Continua a cercarli per me.
Troverai anche i tuoi.
