«Qual è dunque questo dolore inquieto, di cui si è fieri come del genio e che si nasconde come un amore? Non se ne parla a nessuno, lo si tiene solo per noi, lo si stringe al petto e lo si bacia tra le lacrime. Eppure, di che lamentarsi? E chi ci rende così cupi nell’età in cui tutto sorride? Non abbiamo forse amici devoti, una famiglia di cui siamo l’orgoglio, stivali di vernice, un cappotto imbottito, ecc.? Rapsodie poetiche, ricordi di cattive letture, iperboli retoriche, ecco ciò che sono tutti questi grandi dolori senza nome; ma la felicità, non sarà forse soltanto una metafora inventata in un giorno di noia?»
Tratto da: Novembre (1842), di Gustave Flaubert