Tennessee Williams: Improvvisamente l’estate scorsa

"Improvvisamente l'estate scorsa"Dopo la scorsa settimana, torno di nuovo a parlare di Tennessee Williams, dato che un altro suo dramma è attualmente portato in scena nei teatri italiani. Si tratta di “Improvvisamente l’estate scorsa“, in una produzione del Teatro dell’Elfo, per la regia di Elio De Capitani, con Cristina Crippa, Elena Russo Arman e Cristian Giammarini. Uno dei testi più inquietanti e suggestivi di Williams, trasposto anche sullo schermo da Joseph Mankiewicz, nel 1959, con Elizabeth Taylor, Katharine Hepburn e Montgomery Clift. Vidi il film da bambina – non so neanche come capitò, dato che non è affatto indicato per l’infanzia – e mi turbò moltissimo. Di recente, sperando di riuscire prima o poi a vederne un allestimento teatrale, l’ho recuperato e apprezzato con occhi adulti, sempre affascinata dalla capacità analitica dell’autore, che qui sfocia nell’allegoria.
Un’allegoria potente e viscerale, che lega alla natura e all’ineluttabilità della sua ferocia e della sua crudeltà anche la spietatezza umana, le sue ipocrisie, le pulsioni segrete, le morbosità. Tutto ruota intorno all’impressionante giardino di Violet Venable, un giardino-giungla, con gigantesche piante primordiali. Lo ha voluto e creato Sebastian, il figlio di Violet, per tenere ben presente, come spiega la madre, la minaccia del mondo vegetale.
Sebastian è morto, durante una vacanza estiva all’estero. Era un poeta. Scriveva un unico poema all’anno, proprio in occasione dei viaggi estivi con la madre. Improvvisamente, l’estate scorsa (le parole del titolo vengono ripetute più volte nei dialoghi, come a voler tormentare una ferita aperta) è partito invece insieme alla cugina Catharine, l’ultimo viaggio, fatale per il suo cuore malato. Da allora, Catharine, che ha assistito alla sua morte, è rinchiusa in un istituto religioso, in preda a demenza precoce, come la definisce Violet.
Entriamo nel suo mostruoso giardino-giungla insieme al dottor John Cukrowicz, giovane medico di un manicomio, noto per praticare la lobotomia. Violet ha letto di lui e vorrebbe che vi sottoponesse Catharine, per mettere fine ai discorsi folli e disdicevoli che la ragazza continua a fare sul cugino morto. In cambio la donna farà una grossa donazione al manicomio e anche la madre e il fratello di Catharine riceveranno un cospicuo lascito. Torna in questi particolari la critica implacabile di Williams all’avidità, sia in contesto sociale e istituzionale che in quello famigliare. Questa comunque è la superficie della storia. Siamo solo davanti al giardino-giungla e ancora non abbiamo imboccato uno dei sentieri che si addentra nelle sue viscere di fogliame, rami ricurvi e radici profonde.
Il medico è intuitivo, non si lascia incantare dall’eloquio manipolatore di Violet o pressare dal bisogno di soldi del suo direttore. Vuole capire cosa si nasconde davvero dietro lo shock che condiziona Catharine e la morte del famigerato Sebastian. Una figura quest’ultima che grava sulla storia nonostante se ne pronunci solo il nome. Un giovane prevaricatore quanto la madre, con la quale aveva un legame morboso. La verità su di lui filtra lentamente lungo tutto la vicenda sino ad esplodere, abbacinante, di un bianco bruciante come la caldissima giornata in cui è morto. Bianco come il completo che indossava. Bianco come il costume da bagno che imponeva a Catharine, consapevole che nell’acqua sarebbe diventato trasparente. Perché la ragazza, così come lo era stata la madre prima di invecchiare, rappresentava per lui un’esca, allo scopo di attirare giovani uomini.
Ecco dunque un’altra delle tematiche care a Williams, l’omosessualità. L’autore stesso era omosessuale e nelle sue opere non ha temuto di affrontarne le paure, i pregiudizi, le fragilità, i desideri e, in questo caso, anche i lati più oscuri, rappresentando questo personaggio candido esteriormente, con la sua estetica raffinata da pseudo-artista, che però viveva sfruttando le donne legate a lui e parlava degli uomini come di pasti appetitosi di cui sfamarsi.
La carne, i carnivori, l’urgenza di divorare sono un filo rosso che percorre tutta la storia. Dalla pianta carnivora che Violet nutre con delle mosche al racconto disturbante di quando lei e Sebastian, un’estate, assistettero allo sterminio che i falchi fecero delle giovani tartarughe appena nate mentre tentavano di raggiungere il mare. Indugia quasi con piacere, Violet, su quei becchi che straziavano le tartarughe dopo averle rivoltate.
Quel giorno Sebastian le disse di aver visto Dio. L’atrocità compiuta sulla spiaggia è anche l’atrocità che si perpetua nelle nostre esistenze. Divoriamo e siamo divorati, spinti e respinti dal groviglio primordiale che ci domina. Sebastian la pensava ed in effetti è proprio questa la fine che incontra. Massacrato dal branco. Ragazzini poveri e affamati che lui aveva pagato per prestazioni sessuali. Quelli che lui definiva pasti di cui saziarsi hanno divorato lui.
Inquietante, lo ripeto, ma geniale. Una costruzione psicologica coraggiosa e senza pietà, che affonda nella vita vera dell’autore: sua sorella infatti fu lobotomizzata per volere della madre. Qui idealmente lui la salva, salvando dalla lobotomia il personaggio di Catharine. Solo l’un per cento delle tartarughine sulla spiaggia si salva dai falchi e approda al mare e Catharine è una di loro, sfuggita al gioco feroce di Sebastian e Violet. Anche nei meandri del giardino-giungla esistono spiragli di speranza e vie di libertà.
Williams collaborò anche all’adattamento cinematografico, con Gore Vidal: furono costretti dal Codice Hays, che, vi ricordo, censurava tutto ciò che veniva considerato sconveniente, ad eliminare i riferimenti espliciti all’omosessualità, ma nel film è tutto comunque molto chiaro e palese.
Recuperate questo dramma, se potete. In teatro o grazie al film (con due splendide interpretazioni della Taylor e della Hepburn). Vi turberà ma a volte anche ciò che scuote nel profondo può essere bellissimo e insegnare qualcosa.

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

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