RECENSIONE – “Si alza il vento”

Si alza il ventoGiappone, sono gli anni tra le due Guerre Mondiali e Jiro è un ragazzino che sogna gli aeroplani. Jiro, gli occhiali dalle spesse lenti sul naso, è miope e non potrà mai pilotare un aereo, così il suo sogno diventa progettare quegli aerei; il suo eroe e fonte d’ispirazione è l’ingegner Caproni, che incontra ripetutamente in sogno e che gli fa capire che costruire aerei è molto più bello che pilotarli.
Jiro cresce, prende un treno e va a Tokyo per studiare ingegneria. Sullo stesso treno viaggiano Nahoko e la sua domestica. Il viaggio però viene interrotto da un evento catastrofico, non inconsueto per il Giappone: un terremoto molto forte che lascia tutto attorno distruzione e disperazione. La domestica, durante il violento arresto del treno, si rompe una gamba: Jiro offre il suo aiuto portando in spalla la donna fino all’abitazione di Nahoko, da dove se ne va senza lasciar detto il proprio nome.
Jiro diventa un bravo ingegnere aeronautico, lavora per la Mitsubishi e viaggia in Germania per acquisire tecniche di costruzione ancora sconosciute ai giapponesi e per ottenere la licenza di costruzione del celebre Junkers. Gli viene persino affidata la progettazione di un caccia monoplano della marina ma il progetto non va a buon fine e Jiro, deluso, si prende una vacanza in un luogo di montagna dove ritrova la ragazza del treno, Nahoko. La scintilla che era parsa accendersi tra i due c’è ancora, i ragazzi si fidanzano.
Jiro, con Nahoko al suo fianco, continuerà ad inseguire il suo sogno di progettare l’aereo più funzionale possibile.
Basato su un racconto a fumetti dello stesso Miyazaki, il maestro dell’animazione giapponese ha deciso di concludere la sua quarantennale carriera registica con questo lungometraggio animato semi biografico. Jiro Horikoshi, infatti, è realmente esistito e a lui è attribuita la progettazione di alcuni dei caccia più conosciuti dell’aeronautica giapponese. Anche il personaggio italiano prende ispirazione dalla realtà: l’ingegner Giovanni Caproni è stato infatti un pioniere dell’aviazione in Italia.
Come già capitato in passato, quest’ultimo film d’animazione di Miyazaki non trova propriamente nei bambini il proprio pubblico ideale: la drammatica e realistica sequenza del terremoto che colpì il Kanto nel 1923 e le digressioni sui tecnicismi di ingegneria aeronautica ne sono un esempio. Tuttavia, non mancano alcuni temi classici dei film di Miyazaki per cui tanti, come me, lo hanno amato: i paesaggi splendidi, il tema del volo, l’amore per il Giappone ma anche per l’Italia e per l’Europa.
Tacciato da qualcuno d’avere un debole per il tema bellico, Miyazaki, con questo suo ultimo film, non vuole certo elogiare la guerra: l’intento di Jiro, chiaramente sottolineato più volte, è quello di progettare il miglior aereo possibile, nonostante, a causa anche del periodo storico, si sia trovato a realizzare aerei da guerra. Il concetto è inoltre ribadito nella bellissima sequenza onirica finale in cui domina una distesa di aerei distrutti che ci ricorda molto Porco Rosso.
Tutt’altro che un film sulla guerra, Si Alza il Vento, che entra di diritto tra i lavori più riusciti del maestro Miyazaki, è un elegante film che parla d’amore e, soprattutto, dell’inseguire il proprio sogno. Ho sempre pensato che Miyazaki facesse sogni bellissimi e che i suoi film ne fossero una proiezione: questa volta è uscito di scena con uno dei suoi sogni più belli.

Jiro: «Si alza il vento, bisogna tentare di vivere.»


“Si Alza il Vento” (“Kaze Tachinu”, animazione, Giappone, 2013). Di Hayao Miyazaki.
Produzione: Studio Ghibli, Toho.

Francesca Orlandi

Mi chiamo Francesca, sono laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Ferrara e da sempre appassionata di cinema. In questo spazio virtuale mi occuperò di recensire film e dare consigli cinematografici.

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