RECENSIONE – “Piazza d’Italia”

Piazza d'Italia, di Antonio TabucchiPiazza d’Italia, primo romanzo di Antonio Tabucchi, getta uno sguardo sulla storia del nostro paese vista dalla prospettiva del dissenso e dell’anarchia. La favola, come l’autore stesso definisce l’opera, assume il tono di un certo realismo magico sudamericano (Marquez o Sepulveda ad esempio) trasformando il tango in una danza popolare italiana. I cent’anni di solitudine degli irregolari, anarchici e banditi della nostra penisola sono resi con voce leggera dal sapore di vino di un racconto d’osteria. La storia si snoda nelle generazione attraverso le vicende di una famiglia del popolo che incarna uno dopo l’altro i miti di libertà e rivolta che hanno percorso la giovane storia italiana, dall’anarchia al comunismo, dalla spedizione dei mille fino alla lotta partigiana. Lotte, miti e ideali spesso destinati a naufragare in amara disillusione, nel paese natale del Gattopardo, ma vissuti dai protagonisti con un’incrollabile dignità capace, oltre ogni retorica e dato di realtà (purtroppo), di riscoprire il valore ultimo della lotta nella lotta stessa, non fine a se stessa, ma intesa come necessario moto antitetico in grado di creare sintesi proficue per le generazioni future, o in ogni caso di rimanere monito di civiltà e ribellione contro ogni ingiustizia.

Questo lo sguardo che Tabucchi getta sul primo secolo di vita del nostro paese, per mostrare cosa si agita dietro le pagine dei libri di storia, seguendo il filo rosso che lega moti risorgimentali, anarchismo e Resistenza, sotto l’insegna della ribellione al potere. Forse un po’ letterario, ma comunque valido ed importante, da riscoprire in periodi come quello attuale in cui sembra scomparsa ogni valida voce di dissenso.

Brenda Canales

Mi chiamo Brenda, ho una grandissima passione per la cultura, la natura e tutto ciò che accade nel mondo nei più svariati ambiti. Di mestiere faccio la traduttrice, pertanto è nella mia natura osservare il mondo e le parole.

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