«Si dice che quando una persona
guarda le stelle
è come se volesse ritrovare
la propria dimensione
dispersa nell’universo».
Salvador Dalì
Una stazione all’alba. Ancora buio.
Solo io a camminare avanti e indietro lungo i binari, in attesa.
E sopra la luce di un lampione ecco Giove, Venere e Marte.
Una cosa dal sapore surreale: la luce forte e arancione del lampione e le luci piccine di tre mondi lontani.
Un esempio, lì davanti a me, in un mattino di ottobre ancora vestito di notte, di quanto le prospettive possano essere ingannevoli.
Questo lampione assomiglia un po’ a noi essere umani, così distratti dalla luminosità che emaniamo da esserne spesso accecati. Da dimenticare di essere minuscole luci tra luci ben più potenti, nel mezzo di una vastità fatta di distanze che non riusciamo a misurare. Falsarle significa falsare ogni concetto legato ad esse, come capita con tante nostre convinzioni, su cui insistiamo testardi, prigionieri di prospettive deviate.
Comincia a rischiarare, il treno arriva e lentamente i mondi lassù sprofondano nel giorno. Il lampione si spegne e la vita diurna ricomincia, fra i pendolari in viaggio.
Il momento di stranita umiltà resta lì come un ricordo.
Cercherò di conservarlo.