«Esistiamo tanto più intensamente in quanto l’altro lo constata e proviamo un moto di entusiasmo per quell’individuo provvidenziale che ci dà il la. Gli attribuiamo un nome favoloso: amico, amore, compagno, ospite, collega, dipende. È un idillio. L’alternanza tra identità e alterità (“È uguale a me! È il mio opposto!”) ci lascia increduli, in preda a uno stupore infantile. Siamo talmente eccitati che non ci accorgiamo del pericolo imminente. E poi, all’improvviso l’altro è là, davanti alla porta. D’un tratto torniamo sobri, non sappiamo come dirgli che non lo abbiamo invitato. Non è che non lo amiamo più, è che amiamo che sia un altro, cioè uno che non è noi. Ma l’altro si avvicina come se volesse assimilarci o assimilarsi a noi.»
Tratto da: Una forma di vita (2010), di Amélie Nothomb