Luigi Pirandello: Trovarsi

Luigi Pirandello
«Il palcoscenico è un luogo in cui si gioca a fare sul serio».
Così recita Donata Genzi, l’intensa, tormentata protagonista di Trovarsi, commedia in tre atti che Luigi Pirandello scrisse nell’estate del 1932, dedicandola alla sua musa, Marta Abba, la quale la interpretò al debutto, nel novembre dello stesso anno, al Teatro dei Fiorentini di Napoli.
Io ho avuto l’opportunità di reperire la versione mandata in onda dalla Rai decenni fa, con protagonisti due grandi come Rossella Falk e Ugo Pagliai, e la storia mi ha affascinata per la sua tematica. Dove finisce un attore e comincia la persona o viceversa? Cosa è finzione e cosa non lo è? Per recitare un sentimento o un’esperienza si deve conoscerli nella realtà o è sufficiente intuire ed immaginare come li vive il personaggio?
Donata Genzi dà tutta sé stessa ai propri personaggi e pur non avendo mai davvero amato nella vita è in grado di interpretare l’amore sul palco, di sentirsi viva mentre recita e provare anzi la magia di vivere più esistenze, più possibilità. Poi però quando il teatro si svuota e si siede davanti allo specchio a struccarsi, non si trova. Come afferma, la vita vera è qualcosa di “increato”, vago, informe, di mai certo. Ciò che si crea è sul palco, là c’è la certezza di come andranno le cose, una forma definita.
Alla cena di un’amica, a cui fatica a partecipare a causa dei propri affanni emotivi, si imbatte in un giovane svedese (e qui nella versione Rai mi è venuto da sorridere perché, seppur bravissimo, Ugo Pagliai di svedese non aveva nulla), ribelle, spensierato, irresponsabile, innamorato del mare. Quella notte lo zio, invitato alla cena, gli ha intimato di non uscire in barca per via del mare grosso ma lui è deciso a sfidarlo e a sfidare la natura. Ama tutto ciò che è improvviso, dice, che non pare vero. Non vuole intimità, lui, preferisce restare sempre estraneo, nuovo.
Donata lo coglie al volo, come una fuga ideale, accarezzando l’idea di una possibile morte liberatrice in mare, e lo convince a portarla con sé. Ed in effetti naufragano. Ma lui la salva e tra i due scoppia la passione. Il giovane che non voleva intimità in realtà finisce col desiderarla in maniera esclusiva: vuole sposarla, pretende che lasci il teatro, non l’ha nemmeno mai vista recitare e non lo considera importante. Donata, che finalmente ama nella vita vera, comunque continua a non trovarsi. Ha persino coperto tutti gli specchi, per evitare di vedere quel volto in cui non riesce a riconoscersi, per confrontarsi con l’esistenza che continua a sembrarle increata, senza una vera direzione.
Prima di cedere del tutto al suo giovane impetuoso amante, vuole ad ogni modo che lui la veda almeno una volta sul palco. Mentre sa di essere guardata dai suoi occhi, però, non riesce più a recitare come prima e lui è sconvolto nel vederle compiere gesti davanti a tutti che riteneva fossero riservati solo alla loro intimità. Lei ha recitato anche con lui? Oppure sta usando momenti della loro intesa privata per il proprio personaggio? Attrice e donna sono disgiunte o una cosa sola?
Il giovane sembra non poter cogliere la dimensione di Donata come attrice, non può accettare che lei si doni in un certo senso “a tutti” e non solo a lui. Abbandona il teatro prima del terzo atto e decide di riprendere il mare. Non può aspettare Donata in albergo. Che lo raggiunga lei, se deciderà mai di essere solo sua.
Sta di fatto che, dopo l’uscita anticipata dell’amante, Donata torna magicamente a essere la grande attrice che è sempre stata, di nuovo libera di donarsi al proprio pubblico ora che non ha più il suo sguardo addosso. Alla fine si è trovata, ma ora sa che continuare ad essere attrice significherà proseguire sola. Avrà l’amore, quello del pubblico, non di un uomo che non ha saputo vedere la sua essenza. Tutto si conclude con lei, nel buio della stanza d’albergo. Lei e uno specchio.
Un’opera non sempre facile, a tratti enfatica, e concentrata soprattutto sul personaggio della protagonista, a discapito della figura maschile che sicuramente è più abbozzata, volutamente, per rendere quasi scontata la scelta finale di Donata. Affascinante in ogni caso. Dove stiano i confini tra realtà e immaginazione in un artista è un tema senza fine e probabilmente con mille e una risposta o anche nessuna. Di certo ognuno di noi, artista o meno, deve fare i conti con il volto nello specchio, con gli occhi di chi ci guarda.

Donata Genzi: «E questo è vero. E non è vero niente. Vero è soltanto che bisogna crearsi, creare. E allora soltanto ci si trova».

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

One Comment

  1. Fantastico! Mi hai fatto venire una gran voglia di interpretare Donata, ma soprattutto di tornare e trovarmi in Pirandello! *_*

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