Luca Ronconi: addio ad un grande Maestro

Luca Ronconi
Lo scorso 21 febbraio 2015 è scomparso un indiscusso Maestro del nostro teatro, Luca Ronconi. Avrebbe compiuto ottandue anni l’8 marzo e queste righe sono un modo per omaggiarlo.
Potrei farvi un elenco di tutte le opere che ha portato in scena e di tutti i teatri di cui è stato direttore artistico, ma per quello basta Wikipedia. Vorrei ricordarlo invece attraverso le sue stesse parole e anche con un frammento di memoria personale. Ronconi ha infatti lavorato più di una volta nella mia Ferrara, con alcuni dei suoi allestimenti più spettacolari ed uno io l’ho sfiorato per caso, ignorando all’epoca di quale meraviglia si trattasse.
Era il luglio del 2002, l’anno dedicato a Lucrezia Borgia, e mi trovavo a Ferrara per farla visitare ad un’amica: con stupore ci accorgemmo che il pezzo di Corso Ercole I d’Este davanti a Palazzo dei Diamanti si era trasformato in un gigantesco specchio. Non sapevamo che fosse l’incredibile cornice scenografica di “Amor nello specchio”, con Mariangela Melato, una visione appunto voluta e costruita da Ronconi. Una visione da me appena intravista, ma straordinaria abbastanza da restarmi impressa nei ricordi.
Ho avuto modo di vedere una serie di interviste del regista su Youtube ed egli stesso ha ammesso di faticare ad accettare che il luogo adibito al teatro dovesse essere solo il palcoscenico. La vedeva come una convenzione difficile da padroneggiare. E così è divenuto famoso per i suoi allestimenti oltre queste convenzioni limitanti, in palcoscenici al di fuori dei teatri, reinventati. Come lo specchio che moltiplicava i Diamanti e il cielo.
Ma cos’era per Luca Ronconi il teatro?
«Una forma di conoscenza. Ho imparato a conoscere il mondo, le persone, i rapporti attraverso il teatro. Probabilmente avrei avuto una notevole difficoltà nel rapportarmi ai rapporti umani, a quello che chiamiamo il mondo, la realtà, se non ci fosse stata la mediazione del teatro. Forse anche per questo ho sempre visto con una certa difficoltà il teatro come una forma di intrattenimento e basta».
Amava soprattutto i classici e credeva nel divenire, nel movimento, sia dei personaggi che dei testi.
«Un classico mi lavora nella memoria, un testo che io ho letto quando avevo diciotto anni mi continua a lavorare dentro, mano a mano che maturo io e mano a mano che matura lui. […] Il testo è tutte le ipotesi che un testo ti può dare. Non una costrizione ma un caleidoscopio, che come lo muovi ti dice qualche altra cosa. L’importante è il movimento e la ricomposizione. Se prendi un testo classico, per esempio, anzitutto che cos’è quel testo, la storia del viaggio che quel testo ha fatto per arrivare a noi. Mi capita sempre di dire che se prendo un testo classico non sono l’esecutore testamentario dell’autore. Prendo un qualcosa che mi arriva già pieno di impronte digitali sopra. Il mio rispetto per il testo non è un rispetto scolastico. É un rispetto all’esperienza».
Interessante anche il suo pensiero sugli attori.
«Apprezzo molto quando gli attori lavorano davvero su se stessi e non sull’idea che hanno di se stessi, non su ciò che vorrebbero sembrare, ma su ciò che sono davvero. Cosa molto difficile, perché è molto imbarazzante e molto scomoda. É veramente molto scomodo e molto pericoloso lavorare su se stessi. É più salutare una benefica falsità che non una supposizione di autenticità. Secondo me un attore si difende sempre, non necessariamente dal regista. Il giudizio del pubblico è qualcosa che condiziona enormemente un attore. Un attore che acquista un’identità tende perciò a difenderla, anche se quell’identità non è la sua ma gli viene attribuita dagli spettatori. […] Cercare di capire che cosa ci porta a dedicarci al teatro è un’attività pericolosa. Si può anche fare teatro senza dedicarvisi. Si può anche diventare bravi senza dedicarvisi. Se volete avere solo successo, riconoscimento, cercate di non fare un investimento personale, cercate di imparare semplicemente delle regole e di applicarle. Se viceversa vi mettete in gioco, state attenti. Questo è il primo avvertimento che posso dare agli attori giovani».
Parole di qualcuno che sapeva davvero cosa significasse dedicarsi al teatro. Dedicare la vita, i progetti, l’immaginazione. Una mente lucida e raffinata quella di Luca Ronconi, che ci lascia un patrimonio di visioni uniche e irripetibili.
Grazie Maestro. Anche per quella mattina di luglio e per quel grande specchio, che nei miei ricordi rimarrà come il riflesso delle possibilità che l’Arte ci dona.

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

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