Il post insolito

Fabrizio De Andrè 1Questo è un post strano, mi rendo conto. Ma provate a prendere solo ciò che più vi appartiene, se qualcosa ci trovate. Estrapolate solo le parole che potrebbero comporre la vostra giornata e avrete l’idea esatta dell’unico modo che avevo di parlare di Fabrizio De Andrè. Fatevi parte attiva.

E’ una pagina che viene scritta per esporsi un po’ meglio ai raggi del sole. Perciò si salta un po’ di qua e un po’ di là, come vanno i miei pensieri.

Vi vorrei raccontare una storia d’amore che vede una ragazza che ha paura della vita, che reprime le sue emozioni e che combatte senza sosta per trovare la felicità nella perfezione del suo sogno. La cercava nel cuore di un ragazzo che arrivò inaspettato, con un carico di disillusione e sogni infranti, “un re senza corona e senza scorta, bussò tre volte un giorno alla tua porta”. Si scandalizzarono tutti di questo amore senza né arte, né parte, perché senza futuro, inghiottito dai fardelli di entrambi. Perché l’amore deve portare a sistemarsi, non a complicarsi la vita. C’è chi dice che si ama davvero una persona quando non si sa darne una ragione. “Tu lo seguisti senza una ragione, come un ragazzo segue un aquilone” e credo sia questo che innervosisca la gente: l’istinto che ci fa stare insieme. Bisogna dare un perché a tutte le cose? Voglio bene perché.. Se vuoi bene, vuoi bene e basta. Un amore lo puoi descrivere, lo puoi raccontare, lo puoi nascondere o gridare ai quattro venti. Però devi viverlo. Altrimenti non si può giudicare.

Non si capivano sempre, si scontravano rinfacciandosi le proprie infelicità e ogni litigio era una scintilla che alimentava la sconfitta. Le paure erano giustificazioni per tenere lontana quella che poteva essere la soluzione a ogni problema. Perché? Perché la serenità la sognavano, ma non la conoscevano.

Il rischio di farsi male o la probabilità di stare bene?

Per quella candida vecchia contessa, che non si muove più dal mio letto, per estirparle l’insana promessa, di riservarle i miei numeri al lotto… non vedo l’ora d’andar fra i dannati per riferirglieli tutti sbagliati”. Convivere con se stessi e le proprie originalità non è scelta facile. Non devi difenderti solo dai diffidenti, ma anche e soprattutto dagli imitatori. Persone che si prendono il merito di un’idea e la fanno propria. Mai disilluderli. Tempo perso. Rimarranno convinti di essere dei geni e tu un povero idiota che non ha saputo vendersi. Le persone davvero preziose conoscono l’arte della pazienza, che è il sapere quando perderla.

Ma anche come non farla perdere agli altri.

Comprendere le persone significa avere comprensione. Sembra ovvio ma è un qualcosa di molto raro. I nostri bisogni sono urgenze, quelli degli altri… beh, se possibile, evito le parolacce nei miei post.

L’uso della parola è un’arte assai difficile perché presuppone il saper comunicare. La parola ha sempre un contesto. De Andrè mette in musica tutto questo. Mette in musica i giorni della vita di qualcuno, contesti e contraddizioni e perciò arriva come un proiettile. La melodia la ascolti ma le parole afferrano. Come ogni buon narratore non si ferma davanti alla descrizione di crudeltà, cinismo e piccineria provinciale o di qualcosa di straordinariamente stupendo. Lui continua ad approdare a un porto dopo l’altro. Se non si soffre il mal di mare, consiglierei di seguirlo e partire per il viaggio.

Fabrizio De Andrè 2E’ molto che volevo dedicargli un articolo, ma sinceramente non sapevo come cominciare. Farne un’edizione enciclopedica o esaltare la sua opera mi sembrava sciocco e inutile. Per carità, abbattiamo un dogma: può non piacere. A me non piace tutto il repertorio. Tuttavia, il timore di scrivere una baggianata c’è. E’ come fare la recensione a un grande scrittore quando sei ancora solo un autore di post.

Mi sono immaginata su un’altalena. Dondolando pigramente, quali versi avrei citato se non quelli che mi fanno pensare a qualcosa di mio? In fondo, la musica, un autore, non accompagna e descrive chi siamo? E noi siamo quello che ci capita e che facciamo. Perciò, ho ricondotto la varietà e le sfaccettature di questo artista alla mia dimensione, che sinceramente, non le contiene tutte.

Ascoltando De Andrè, forse ti rendi conto che ogni post ti verrebbe fuori strano. Prendi spunti da una serie infinita di capolavori, uno dietro l’altro, che raccontano storie, ma che, estrapolati, li riferisci a ogni singolo istante della tua esistenza che non è necessariamente il contesto della canzone. Storie che cominciano nello stesso modo ma finiscono all’opposto.

Insomma, inutile farsi troppe paranoie su cosa è giusto o non giusto affermare.

Il punto è: cosa ti appartiene di De Andrè?

Chiaramente un estimatore avrebbe citato versi più raramente ascoltati, più colti e particolari. Dal canto mio credo che basterebbe fare un copia e incolla dei suoi testi che avrebbero parlato da soli.

Parlano da soli perché ognuno porta a casa quello che vuole.

Ascoltando De Andrè riassetti un po’ le cose e pensi a chi passa la domenica a lavare l’auto del week-end come un’ombra che scompare nel lasso di tempo di un battito di ciglia. Ascoltando De Andrè capisci che ognuno di noi è prezioso, certamente, ma qualcuno è un po’ più prezioso di altri, e non è quello che si crede tale. Quello se la tira, è un’altra cosa. Si rischia il ribaltamento. E’ prezioso chi suo malgrado crea reazioni.

Dirò soltanto che sul più bello dello spiacevole e cupo dramma, piangeva il giudice come un vitello. Negli intervalli gridava:”Mamma!”, gridava mamma come quel tale cui il giorno prima come ad un pollo, con una sentenza un po’ originale, aveva fatto tagliare il collo. Attenti al gorilla!”

Di seguito il brano Un Matto.

Tu prova ad avere un mondo nel cuore 

e non riesci ad esprimerlo con le parole 

e la luce del giorno si divide la piazza 

tra un villaggio che ride e te

lo scemo, che passa

e neppure la notte ti lascia da solo

gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro 

E sì, anche tu andresti a cercare 

le parole sicure per farti ascoltare

per stupire mezz’ora basta un libro di storia

io cercai di imparare la Treccani a memoria 

e dopo maiale, Majakowsky, malfatto 

continuarono gli altri fino a leggermi matto

E senza sapere a chi dovessi la vita 

in un manicomio io l’ho restituita 

qui sulla collina dormo malvolentieri 

eppure c’è luce ormai nei miei pensieri 

qui nella penombra ora invento parole 

ma rimpiango una luce

la luce del sole

Le mie ossa regalano ancora alla vita 

le regalano ancora erba fiorita

ma la vita è rimasta nelle voci in sordina 

di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina

di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia 

“Una morte pietosa lo strappò alla pazzia.

Giovanna Cardillo

Sono Giovanna. Da anni m’interesso di musica, che scrivo e soprattutto ascolto. Ho esperienza come musicista nel teatro terapeutico e ho studiato Culture e Tecniche della Moda. Mi innamoro di tutti i gatti che vedo e ho sposato appieno la loro filosofia di vita. Anzi, tutte le loro sette vite!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *