Delirio di solitudine

Ewald Tragy, di Reiner Maria Rilke«Non può ancora uscire, sta seduto in camera e aspetta. Ora tutto concorre a dargli piacere; ogni suono che giunge dall’esterno è accolto come un cantore ambulante, e deve raccontare. Tragy spera di ricevere una lettera, una lettera qualsiasi. E che il signor von Kranz, una volta, bussi forte. Ma i giorni trascorrono. Fuori nevica, i rumori si perdono nella neve profonda. Nessuna lettera, nessuna visita. Le sere non hanno fine. A Tragy sembra di essere uno che è stato dimenticato, e senza volere comincia a muoversi, a chiamare, a farsi sentire. Scrivere: a casa, al signor von Kranz, a tutti quelli che ha conosciuto per caso, spedisce persino alcune lettere di raccomandazione portate dalla sua città e non ancora usate; aspetta che gli rispondano con inviti. Invano. Rimane dimenticato. Può chiamare e dare segni. La sua voce non arriva da nessuna parte. E proprio in questi giorni il suo bisogno di comunicare è così grande; continua a crescere in lui, diventa una sete ardente, infrenabile, che non lo umilia, ma lo rende amaro e caparbio. D’un tratto pensa se quanto chiede invano a tutti non possa pretenderlo da qualcuno come diritto, come un vecchio debito, che si esige con ogni mezzo, senza riguardi. E chiede alla madre: “Vieni, dammi quanto mi spetta”.»

Tratto da: Ewald Tragy (1897), di Reiner Maria Rilke

Brenda Canales

Mi chiamo Brenda, ho una grandissima passione per la cultura, la natura e tutto ciò che accade nel mondo nei più svariati ambiti. Di mestiere faccio la traduttrice, pertanto è nella mia natura osservare il mondo e le parole.

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