ARIA DI NATALE parte 1: Nightmare Before Christmas

E anche quest’anno ci siamo: comincia la maratona natalizia. Già si preparano i mercatini, gli auguri, gli incontri, i pranzi, le cene, ma soprattutto le musiche e la certezza suprema: le teglie di lasagne. Sono già stanca. L’ideale sarebbe avere ciò che manca attualmente in casa mia: un gatto che smonta l’albero che con tanta fatica hai addobbato. Comunque, per la cronaca, ho preso un bellissimo festone da mettere alla porta, con tanto di renna e gnomo: un A-M-O-R-E! Mi sono dunque fatta ispirare da questo per scegliere parte degli artisti che vedremo in questa miniserie di cinque puntate. Un paio di appuntamenti sono stati stabiliti davanti a un prosecco e polpettine di miglio farcite, perciò non fateci caso e divertitevi molto.

L’artista che ho scelto per introdurre questo periodo così vivace dell’anno è una musicista di raro talento:

Enya non è affatto un incubo, né pre né post natalizio, forse il Natale lo è, ma no, non le atmosfere che ci regala ogni qualvolta si mette a produrre. E’ solo che ricordare quanto il clima della sua musica sia onirico mi sembra un po’ banale. Si sa, Enya promette sempre di prenderci per mano e condurci per avventure senza tempo e luoghi oltre i confini dell’universo e lo mantiene. Magari con un mantello dell’invisibilità per evitare i sollazzi natalizi. Sì, non sembro asociale, lo sono. Più o meno in quel periodo che va dall’8 dicembre fino al 6 gennaio. E anche Enya. Questo mi piace di lei: se ne sbatte altamente. Ha trasformato l’onirico in qualcosa di assolutamente tangibile, tipo una fortuna che si aggira sul centinaio di milioni di euro, ha scelto come dimora per rifuggire dal mondo esterno un castello (con tanto di fantasma?), canta in lingue che non sono proprio di uso corrente grazie alla collaboratrice Roma Ryan, ha inventato un genere, ha come vicino di casa Bono degli U2, ha venduto milionate di dischi senza mai fare un tour, mai un’esibizione dal vivo, non si vede mai, ogni tanto parla e lo fa per dire no. La adoro. Senza dubbio ha detto sì che valgono la pena, uno su tutti quello detto a Peter Jackson per scrivere la colonna sonora della trilogia del Signore degli Anelli: credo che May it be sia quasi più famosa della sigla della Barilla. Sicuramente è più complessa. Quindi, aver detto no a Titanic e vedersi soffiare un Oscar così come si rompono le noci (e non solo) a Natale, non sembra averla sconvolta. Non particolarmente… ok, forse non se n’è nemmeno accorta. Alla presentazione del suo disco And winter came… edito nel 2008, l’ennesimo successo in classifica, l’ambientazione non lasciava alcun dubbio sullo spirito assolutamente invernale dell’artista: sculture di ghiaccio, neve artificiale e giochi di luce. Perciò, a quando un the insieme? Io porto i biscotti.

Enya nasce nel maggio del ‘61 in quel della contea di Donegal, posto verso cui prima o poi mi dirigerò. Dolci declivi incontrano il mare del Nord e tanti pub richiamano clienti per cui far scorrere litri di birra, bevanda che viene consumata al ritmo dell’espresso in Italia. Con effetti diversi? Non saprei, sicuramente qualcosa deve aver influito sulle popolazioni nordiche visto la carrellata di talenti sfornati: argomento più volte ripreso nei miei post. Se ci fosse un qualche ricercatore interessato alle sostanze presenti nell’aria… non so, ipotizzo. La verità è che ammiro le persone che amano stare con se stessi ed Enya è riconosciuta come una persona estremamente indipendente e, se vogliamo, solitaria, riservata. Può anche essere un modo per alimentare una figura che effettivamente live è poco spendibile, non per l’avvenenza che, anzi, non manca, ma proprio per questioni tecniche: lei stessa afferma che da anni sta cercando di lavorare in questo senso perché riprodurre una tale quantità di suoni ed effetti non è cosa facile. Si dovrebbe optare per una completa revisione. Il coraggio non le manca e nemmeno la competenza, perciò credo che il giorno fatidico sarà senz’altro da ricordare come uno dei migliori che ci ricompenserà per aver comunque gradito i suoi playback. L’indipendenza è un elemento cardine nella scelta della strada da percorrere nella carriera di Enya: il debutto è datato 1984 e non è facile percorrere tre decadi in cui si è sentito e, è proprio il caso di dirlo, visto di tutto, in cui la provocazione l’ha fatta da padrona. Enya non è un personaggio provocatorio, non è consumistico. La vera forza di quest’artista è sapersi ritagliare del tempo nella vita frenetica delle persone. Non è lei ad inseguirci, ad urlare di fermarsi a guardarla per non perdersi lo show del secolo. Non le interessa essere attuale, ma essere sperimentale. La sua esistenza è una scoperta che rallenta ogni qualvolta ne sente la necessità. Perciò, come non stimarla?

Evitare i tormentoni era un po’ impossibile e perciò ho scelto questo pezzo che avevo spesso nelle cuffie del walkman quando si andava a scorrazzare in automobile con mio papà in quello splendido paesaggio che sono le Marche. Le nuvole basse, le luci autunnali… Book of days.



Giovanna Cardillo

Sono Giovanna. Da anni m’interesso di musica, che scrivo e soprattutto ascolto. Ho esperienza come musicista nel teatro terapeutico e ho studiato Culture e Tecniche della Moda. Mi innamoro di tutti i gatti che vedo e ho sposato appieno la loro filosofia di vita. Anzi, tutte le loro sette vite!

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