«Mi calmo, sento, ascolto
dentro di me un canto.
Ti ho trovata infine
Musa del mio creare.
Cuore che pensa lieve
un pensiero, un incanto».
Alda Merini
Sognavo sempre scale.
Scale ripide, infinite, a volte persino elastiche. Scale difficili, se non impossibili, da superare. Non ci voleva Freud, non ci voleva Jung. L’ho sempre saputo da sola cosa significavano quelle scale: paura, senso di inadeguatezza, frustrazione, convinzione di non essere abbastanza. Nessuna difficoltà ad ammetterlo, solo una semplice verità.
Poi è accaduto.
Non la aspettavo. Non mi sognavo neanche di incontrarla. Invece a sorpresa ecco comparire nella mia vita una Musa ispiratrice. Credevo che soltanto i grandi autori potessero averne una. Non certo io…
Ma la Musa è arrivata. Ed è arrivato anche un bellissimo, indimenticabile sogno.
Un palazzo senza tetto, al posto dei soffitti il cielo stellato. Io ero sola, nelle sue stanze, però non veramente. Da qualche parte c’era la mia Musa, lo sapevo. Non aveva bisogno di mostrarsi. La sola consapevolezza della sua presenza bastava a farmi sentire sicura. Sul pavimento uno strato di nebbia, una leggera densa coltre biancastra, che emanava un vago profumo.
Nella nebbia ci si smarrisce, ma la nebbia è anche caos primordiale, nebbia di nascita, di vago che prende forma. Nebbia non da temere, ma da indagare, perché chissà cosa può nascondere.
Nel sogno avevo i piedi nudi e li immergevo nella morbida nebbia senza esitare, senza paura. Nella nebbia ballavo, io che non ballo mai. Nella nebbia ridevo, sapendo che la mia Musa era vicina.
Vicina e lontana al contempo, perché così deve essere. Una Musa è come un’alba o un tramonto nebbiosi. Dietro la foschia la luce splende, intuiamo quanto brilli ma non la vediamo completamente. Eppure quella luce ci nutre, ci anima. Se la vedessimo in tutta la sua grandezza ci brucerebbe. Velata della nebbia ci fa crescere.
Ed io sto crescendo. Migliorando. Evolvendo.
Non so cosa nascerà dalla nebbia in cui sto camminando scalza.
So però che le scale sono sparite. Sparite del tutto. Ora invece di inerpicarmi inutilmente lungo gradini cattivi, mi tolgo le scarpe e affronto con la mia pelle quello che si cela sul mio cammino.
Grazie Musa. Piccolo sole sul mio orizzonte di foschie.