Il the delle cinque

George Harrison 1Adoro ritagliarmi del tempo per dedicarmi ad artisti che accompagnano momenti e stati d’animo della mia esistenza. Esattamente come tante volte preferisco passare un sabato sera a giocare a carte, imparando scala40 o sbaragliando la concorrenza a trionfo (solo perché ho sempre e solo delle briscole). Ma niente salatini o schifezze, bensì i cari e riscoperti vinili sul mio inseparabile giradischi (sì, ok, non è ancora ufficialmente mio ma lo diventerà… giù le mani!). Così, sfogliando musica classica e ritrovando titoli dimenticati finisco col mettere su, almeno per quattro o cinque canzoni, i Beatles. Come parlare dei Beatles senza dire cose che in molti hanno già detto? Impossibile. Che ne abbia una vera e propria passione non è propriamente vero, nel senso che nella diatriba coi Rolling Stones probabilmente farei vincere i secondi, ma in fondo è solo un gioco. Parto invece da una domanda che immancabilmente rivolgo quando si parla della storica band: qual è il tuo preferito? Guarda caso, sono in pochi a rispondere Lennon o McCartney. Più spesso mi è capitato di condividere la scelta di George Harrison. Ed è con lui che vorrei cominciare.

George ha sicuramente influenzato lo stile di moltissimi chitarristi e innovato parecchio anche grazie alle contaminazioni indiane approfondite dallo studio del sitar (suo maestro è stato il padre di Norah Jones). Di tutto ciò dobbiamo ringraziare sua madre che sin dalla sua infanzia incentivò la sua predisposizione all’esprimersi con la chitarra. Forse un monumento non basterebbe. Certo è che subì non poco l’impatto mediatico che come sempre metteva lo zampino della competizione, concentrando l’attenzione sull’indubbia capacità compositiva di Lennon e McCartney. Ma parlare di Harrison riferendosi solamente all’esperienza beatlesiana equivarrebbe a non essere completi. George Harrison rivestì infatti il ruolo di produttore per molti progetti della Apple, l’etichetta discografica dei Beatles, ma non solo, è praticamente impossibile non ritrovare la sua influenza in tutti i più grandi gruppi che i decenni successivi ci hanno presentato.

Personalmente penso che le canzoni che preferisco, Norvegian Wood e Here comes the sun, abbiano un tocco malinconico che le fa vibrare in maniera sensibile. Senza voler fare un paragone ingiusto con le altre produzioni discografiche legate alla band inglese, direi che proprio questo tocco particolare ha influenzato tutta la loro produzione e fa sì di ritrovarsi sempre dentro a un racconto di Caroll.

While my guitar gently weeps credo sia un pezzo talmente importante e famoso che è quasi banale citarlo, piuttosto mi riempio d’invidia nel leggere di episodi di cui non abbiamo purtroppo registrazioni: è famosa la gara d’abilità avvenuta tra lui e Eric Clapton: essere nata nel luogo e nell’epoca sbagliata ah-ah!

Pazienza, però mi viene sempre da chiedere a qualcuno che era giovane in quel periodo: “Cavolo, ma voi vi rendevate conto della musica che usciva?”. Alcuni dicono di sì, altri rispondono che avevano tanti pensieri già allora. E’ vero, purtroppo capita che delle cose ci si renda conto solo dopo.

George Harrison 2Sicuramente George Harrison è stato quello più defilato, però sono davvero contenta che sia quello che più riscuote simpatia. E’ vero che tante volte chi non si mostra non è perché non ha nulla da dire, è che probabilmente è la persona che più ascolta e più sa valutare le cose per come sono. Chiudo condividendo perfettamente una citazione classica di Harrison: “La morale della storia è che, se accetti gli alti, dovrai passare anche attraverso i bassi. Nelle nostre vite abbiamo imparato a conoscere l’amore e l’odio, gli alti e i bassi, il bene e il male, le sconfitte e le vittorie. Era come una versione amplificata di quello che vive chiunque altro. Quindi, essenzialmente, va bene. Qualsiasi cosa sia accaduta è positiva se ci ha insegnato qualcosa, ed è negativa solo se non abbiamo imparato: “Chi sono? Dove sto andando? Da dove vengo?”

Non mi è chiaro da dove potesse venire tutto questo talento, quale combinazione della sorte abbia fatto avvenire questa specie di miracolo chiamato Beatles. E’ successo altre volte per fortuna, ma probabilmente sarà il latte materno inglese a fare la differenza, perché se penso alla lista di grandi che sono stati sfornati… o forse è l’umido… no, forse è il the. Sì, è il the.



 

Giovanna Cardillo

Sono Giovanna. Da anni m’interesso di musica, che scrivo e soprattutto ascolto. Ho esperienza come musicista nel teatro terapeutico e ho studiato Culture e Tecniche della Moda. Mi innamoro di tutti i gatti che vedo e ho sposato appieno la loro filosofia di vita. Anzi, tutte le loro sette vite!

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