« Ma là dove s’inventano i sogni,
diversi per entrambi non bastavano,
uno noi ne vedemmo, ma di una forza,
come quando irrompe primavera »
Anna Achmatova
L’Arena di Verona. Un giorno di maggio, dopo un acquazzone.
Dall’ombra delle pietre antiche volano via voci, fantasie, sospiri e lacrime. Fuggono per le strade e per le piazze, sfiorando case, persone, emozioni. Qualcosa che mi raggiunge già da lontano, mentre ancora cammino incontro al cuore della città, anche quando il profilo dell’Arena rimane nascosto da mura e verde. Sento e percepisco la sua presenza, l’atmosfera si carica di magia e di attesa. Quando finalmente la scorgo, la curiosità mi anticipa di qualche passo, si proietta in avanti, a spiare oltre le gradinate, a carpire i segreti delle scenografie che daranno vita a storie e personaggi, non appena calerà la notte.
Adesso però è ancora giorno, le pietre dell’Arena si asciugano, calde. Mi siedo qui, nella sua grande ombra e aspetto. Quando si tratta dell’Arena di Verona aspettare è uno dei momenti migliori: i sogni circolano in giro liberi, a farsi sognare. A invitarmi a portare con me questo incantesimo anche quando tutto sarà finito, domani. So con certezza che quello che sto respirando in questo luogo unico mi resterà dentro e non mi abbandonerà mai più.
Quindi aspetto. Aspetto che i sogni tornino nel ventre dell’Arena e accendano lo spettacolo.
Sarà indimenticabile.