RECENSIONE: L’abbandonatrice di Stefano Bonazzi

Ho letto L’abbandonatrice in una notte di pioggia. E l’impressione che più mi è rimasta sotto pelle, che mi sono portata dietro anche nei giorni seguenti, che ho in mente tuttora, è quella lasciata dai suoi colori.
Il bianco prima di tutto. Il colore delle persone che possono farcela, con dentro qualcosa di positivo e pulito. Come Davide, con il suo sguardo paziente di fotografo, il suo modo di amare ad oltranza, anche quando da amare non è rimasto molto.
Bianco come il trauma di una casa improvvisamente svuotata. L’accecante spazio bianco della follia che si porta via tutto e cancella le basi di una vita. Quel bianco che devasta di colpo l’esistenza di Sofia, una delle cose più angoscianti che mi sia mai capitato di leggere.
Poi il nero, all’opposto. Il nero delle persone destinate a cadere e a cadere male.
Come Sofia e Oscar, complicati e fragili, per motivi diversi e con differenti metodi di fuga e autodistruzione, ma a modo loro simili e uniti da comuni denominatori, Davide e l’arte.
Affascinante questa sorta di triangolo: due uomini uniti da un amore privo di equilibrio e a fare da contrappeso tra loro una donna che non può restare, nemmeno con sé stessa, con nessuno, l’abbandonatrice.
Ho apprezzato questo crearsi di sentimenti, emozioni, desideri e legami al di là degli orientamenti sessuali, delle etichette di comportamento e di genere. Perché certi territori sono misteriosi e molto più sfumati della nostra ostinazione a voler colorare sempre tutto dentro margini prestabiliti e rassicuranti.
I colori, già. Ne manca uno, quello che emerge tra il bianco e il nero. Il blu.
Quello della lampada di Sofia, che poteva canbiare colore ma che lei lasciava sempre sul blu, la lampada della vita prima dello spazio bianco e della casa vuota. Il blu del vortice che inghiotte Davide durante gli attacchi di panico. Il blu delle note blu, quelle che Oscar trova tra i tasti bianchi e neri del suo pianoforte, le note fantasma, dissonanti.
E forse è per questo che si finisce con l’amare Davide, Sofia e Oscar. Perché non sono bianchi o neri ma blu. Perché un po’ note blu lo siamo quasi tutti, o lo siamo stati. O la saremo. Note difficili da trovare, strane da ascoltare.
Ma se le scopri, come capita al giovane figlio dell’abbandonatrice, chiedi al musicista di non fermarsi, di continuare a suonare.
Personalmente chiedo anche all’autore, Stefano Bonazzi, di non fermarsi e continuare a scrivere. Il suo è uno stile che privilegia i piccoli dettagli, quelli che costruiscono con realismo un personaggio o una situazione e attraverso cui la storia vive e respira.
Mi accorgo di non avere detto granché della trama ma credo che non serva saperne troppo. Bisogna entrare nel libro e nei suoi colori. Immagino che la tonalità che rimarrà addosso varierà per ogni lettore.
Io di sicuro sono un po’ più blu.

«Il blu ti accarezza e ti colpisce allo stesso tempo e le note blu sono le note più intime. Quelle in grado di raccontare l’anima»

Edizioni Fernandel
Pagine 207

Franca Bersanetti Bucci

Sono Franca, vivo in provincia di Ferrara e sono appassionata d’arte in generale, ma in particolar modo di teatro. Scrivo racconti, poesie e articoli su giornali online e siti internet.

One Comment

  1. Dal trovarsi all’abbandonatrice, e non sono andato oltre in queste pagine. Ma l’autrice di queste chiose a libri e teatri inquieti, dovrebbe provare a diffondersi su questi passaggi che non a caso giustappone. Scrivere le sue sfumature, come nello sguardo ove si mostra, e forse la malinconia che sempre mi avvolge nelle vie ferraresi su questa piana in cui il po guarda in tralice il bosco della mensola le fantasie le leggende…

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