RECENSIONE – “Stoner”

Stoner, di WilliamsCome scrive nella postfazione di Peter Cameron: «William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarantanni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l’ amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti».
Stoner di Williams è, a mio avviso, uno dei libri più intensi ed emozionanti da me letti negli ultimi anni. Il genio di Williams risiede anche nel liquidare l’ intera trama del libro nella prima pagina. Il protagonista non è né un eroe né un antieroe ma una Persona che finisce con il diventare un caro e dolce amico del lettore. Chi è Stoner? Stoner siamo un po’ tutti noi quando le “cose” proprio non girano per il verso giusto, quando un’ ingiustizia ci colpisce, quando un amore finisce o fallisce, quando con disperazione ci avviciniamo a un foglio per scrivere il nostro “essere altrove”, quando ci rechiamo da soli al cinema per dimenticare il mondo, quando la morte bussa alla porta del nostro cuore.
Il modo sbagliato di leggere Stoner è quello di non mettersi in gioco, di leggerlo come se fosse un semplice romanzo. Perché Stoner non è un romanzo, bensì è una vita.
Rarissime volte mi è capitato di emozionarmi fin quasi alle lacrime leggendo un libro, Williams c’è riuscito.

John Edward Williams (Clarksville, 22 agosto 1922 – Fayetteville, 3 marzo 1994) nato in una famiglia di modeste condizioni economiche, si iscrisse all’Università di Denver solo dopo la fine della seconda guerra mondiale alla quale prese parte in qualità di sergente delle United States Army Air Forces in India e in Birmania dal 1942 al 1945. Pubblicò Stoner nel 1965. Il suo quarto romanzo, Augustus (Viking, 1972), una rappresentazione dei tempi violenti di Augusto, pubblicato nel 1972, vinse il National Book Award nel 1973 ex aequo con Chimera di John Barth. Dopo il 1973 smise di scrivere e si manifestarono problemi di dipendenza dall’ alcool.

Matteo Pazzi

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