RECENSIONE – “Grand Budapest Hotel”

Grand Budapest HotelQuesta commedia del 2014 di Wes Anderson, vincitrice di numerosi premi tra cui, ricordiamo, l’Oscar per i migliori costumi all’italiana Milena Canonero, è un’opera minuziosa ed esilarante, senza dubbio uno dei più degni di nota dell’anno passato. Un film fatto di puro divertimento, che genera ondate di humor una dopo l’altra in ogni momento in cui potrebbe invece arenarsi.
Gustave H (Ralph Fiennes) è un famoso concierge, il cuore e l’anima del Grand Budapest Hotel, un palazzo monumentale color rosa, arroccato da qualche parte tra i monti dell’Europa centrale. Il testamento di un’eminente ospite, l’84enne vedova Madame Céline Villeneuve Desgoffe und Taxis, diventa la disputa al centro della trama tra Gustave e la famiglia della donna, assetata di denaro. Nonostante una breve apparizione, il personaggio della donna è illuminato dall’interpretazione di una magnifica e bizzarra Tilda Swinton.
Madame D lascia il Grand Budapet Hotel il giorno stesso in cui un giovane garzoncello, Zero Moustafa (Tony Revolori) giunge all’attenzione del concierge. Gustave spiega al giovane tutti i dettagli dell’hotel, fino a descrivergli il suo peculiare ruolo nella vita sessuale delle più attempate ospiti dell’hotel.
Raramente il sesso o la nudità hanno avuto un ruolo importante nei film di Anderson, il che rende alcune scene di questo film inaspettatamente spassose. Un altro elemento inaspettato è Ralph Fiennes, sottovalutato attore comico, rende questo suo personaggio ancor più divertente: l’alterigia e la leziosaggine, i suoi contraddittori accessi di imprecazioni e il suo ridicolo essere schizzinoso sono resi con grande abilità e tempismo. Il resto del cast è di una ricchezza senza precedenti – da Jeff Goldblum avvocato della famiglia, a Edward Norton nei panni di un dispiaciuto ispettore di polizia di nome Henckels e Willem Dafoe, scagnozzo dagli abiti in pelle, tirapugni alle mani e i denti mancanti.
Il film ha il meccanismo di una farsa in stile Ernst Lubitsch, i cui ingranaggi sono oliati talmente bene che potrebbero fare loro soli da soggetto al film. Ma un tema vero c’è: è l’Europa, illusa e altezzosa tra le due Guerre Mondiali, devastata da quelle transizioni che l’hanno segnata indelebilmente per i decenni successivi. Mentre Moustafa, interpretato in età avanzata da un saggio F. Murray Abraham, intrattiene un giovane scrittore (Jude Law) con le vicissitudini di Gustave e l’eredità di Madame D, assistiamo alla triste eredità dello stesso Grand Budapest, arredato ora in un orrendo arancione in stile esteuropeo, ma ancora aggrappato a certe sue vecchie glorie.
Quello di Anderson non è un film nostalgico alla classica maniera lacrimosa di Hollywood: ci regala una visione ampia e incantevole del passato, rendendoci nostalgici ma col cuore leggero e divertito.

Gustave: «Vedete, ci sono ancora deboli barlumi di civiltà lasciati in questo mattatoio barbaro che una volta era conosciuto come umanità. Infatti è quello che abbiamo a disposizione nel nostro modesto, umile, insignificante… oh, fanculo!»


“Grand Budapest Hotel” (“The Grand Budapest Hotel”, 2014, commedia, USA) di Wes Anderson. Con Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Harvey Keitel, Jude Law, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Jason Schwartzmann, Léa Seydoux, Tilda Swinton, Tom Wilkinson, Owen Wilson, Tony Revolori.
Produzione: American Empirical Pictures, Indian Paintbrush, Scott Rudin Productions, Studio Babelsberg.

Francesca Orlandi

Mi chiamo Francesca, sono laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Ferrara e da sempre appassionata di cinema. In questo spazio virtuale mi occuperò di recensire film e dare consigli cinematografici.

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