RECENSIONE – “Domani nella battaglia pensa a me”

Domani nella battaglia pensa a me, Javier MariasQuanto c’è di tragico o drammatico in una vita normale, quanto c’è di normale in una vita?
Marìas racconta un epos oscuro che pertiene alla quotidianità della vita di ogni individuo, ovvero il tragico manifestarsi della morte, una circostanza tanto tragica quanto purtroppo consueta, inevitabile, “normale”.

Proprio la natura duale della morte, da un lato così terrificante e misteriosa, dall’altro così terrena e biologica, genera negli individui che devono farci i conti un momento di contatto fra il quotidiano e l’assoluto, non privo spesso di eccezionali prospettive di autocoscienza, altrimenti negate dalla routine del triviale fare di tutti i giorni. In quest’ottica la morte celebra una qualità sconosciuta, un eroismo, una mitologia che rimane altrimenti celata nella mediocrità, nell’indulgenza, nell’indolenza della routine quotidiana.

La morte però non è tragica per la sua violenza, non sono l’indagine, la circostanza, “il caso” a creare quest’epica minuta, quanto piuttosto la sua semplice manifestazione, la stupefazione che provoca in chi rimane il subitaneo contatto con una trascendenza dimenticata ed atea.

Così Victor Francés è costretto ad affrontare impensati interrogativi sull’esistenza, quando si trova ad essere unico testimone della morte improvvisa di Marta, una donna con cui non aveva altro in comune che una notte di sesso. Essere l’unico depositario della inutile verità sulla scomparsa della donna, genera in lui uno strano senso di responsabilità nei confronti della famiglia di Marta e del loro sgomento di fronte alla sua morte.

La ricerca di Victor si risolve in un grottesco intrico di verità e mistero che non scoglie in fondo il dualismo fondamentale imposto dalla morte. In questo iato fra quanto la ragione può comprendere dell’ultraterreno si cela la forza esemplare del mito, testimoniata già dal titolo dell’opera, una citazione shakesperiana. Una mitologia tuttavia, ormai svuotata di significato, che rimane sopita nell’introspezione sconvolta dello sceneggiatore Victor Fracés e che l’autore riesce ad indagare e restituire grazie all’alchimia segreta della parola scritta.

Brenda Canales

Mi chiamo Brenda, ho una grandissima passione per la cultura, la natura e tutto ciò che accade nel mondo nei più svariati ambiti. Di mestiere faccio la traduttrice, pertanto è nella mia natura osservare il mondo e le parole.

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