«Quella sera no. Quella sera io ero davanti a qualcosa di immensamente più alto ed esaltante e terrificante, e cioè: “Questa è la vita”. Ricordo che pensai: “Forse san Francesco si sentiva così a vedere Dio”, poi mi risi un po’ addosso: non c’entrava niente, quelle erano state visioni, esperienze mistiche. La mia era un’esperienza concreta: potevo quasi toccare i pensieri e i sentimenti, come se avessero un corpo e dei confini. E questa conoscenza dei confini fu subito bellezza. Non sapevo definirla, la bellezza, ma i suoni, gli accenti e poi il senso, possedevano in sé questa istantanea traduzione: bellezza, pensai, è star bene, sentirti pieno di cose e averne altre fuori che ti rivestono perfettamente, senza lasciarti un solo pezzo di corpo scoperto: bellezza è questo vestito che ti senti cucito addosso, soffice, caldo, indistruttibile, fra tanti altri che mancano sempre di qualcosa.»
Tratto da: Il libraio di Selinunte (2004), di Roberto Vecchioni