Colori o Bianco e nero?

Immagino sarà successo anche a voi di vedere N foto di vostri amici tutte in modalità graffiata/grunge/slavata/desaturata e magari anche voi, come me, vi siete proprio stufati di questi filtri preconfezionati.

Gli smartphone ci hanno abituato ad avere mille possibilità diverse e a portata di mano quando scattiamo una foto: applicazioni come Instagram hanno infatti introdotto elaborati filtri attivabili in un click per ottenere effetti che, se fossero “dosati” sarebbero certamente belli e originali.

Allontaniamoci allora da queste deviazioni moderne che con la fotografia propriamente detta c’entrano poco, e torniamo un po’ alle origini, ad esempio alla scelta tra l’immagine a colori o in bianco e nero.

La rappresentazione più completa della realtà ovviamente la si ottiene con una foto a colori, ma le immagini in bianco e nero, pur fornendo meno “informazioni”, conservano da sempre un intramontabile fascino e sono accettate come rappresentazioni fedeli della realtà anche dai criticoni che vedono “Fotosciop” ovunque.

Rendere la realtà in sole tonalità di grigio può essere molto suggestivo e utile quando si vuole dare importanza alle forme di ciò che sta davanti all’obiettivo. Che si tratti di fotografia di architettura o di paesaggio o anche di ritratti, ci sono spesso casi in cui è la forma a dominare la scena, lasciando al colore il ruolo di un accessorio al quale si può tranquillamente rinunciare.

Di recente ho letto ed apprezzato una frase che, in senso lato, rappresenta proprio quanto intendo dire: “L’arte è sottrazione, è la rimozione di un eccesso, è la rinuncia a qualcosa di cui non si sentirà la mancanza”.

Rinunciare all’informazione del colore significa anche impedire all’occhio di perdersi in valutazioni che il fotografo ha ritenuto poco importanti (di che colore è questo o quello) e permettergli di focalizzarsi invece sulle forme, le prospettive, il chiaroscuro dato dalla luce sulle superfici…

Oltre al motivo fondamentale appena esposto, ci sono altri 2 casi nei quali sono personalmente portato a ragionare in bianco e nero:

  1. Quando nella scena sono presenti dei colori molesti che catturerebbero l’attenzione dell’osservatore senza averne titolo (un esempio può essere la presenza di cartelli stradali o di persone sullo sfondo con giacche di colori particolarmente sgargianti). In questi casi il passaggio al bianco e nero permette di dare meno peso a questi elementi di disturbo, qualora in fase di scatto fosse stato impossibile evitare di riprenderli.

  2. Quando in condizioni di scarsa illuminazione si è costretti ad aumentare la sensibilità del sensore (valori ISO alti) e compare quindi il rumore elettronico nell’immagine. In questo caso, il passaggio al bianco e nero permette di avere un rumore meno fastidioso (in quanto monocromatico) e facilmente confondibile con la “grana” della pellicola, disturbo che siamo soliti vedere in molte foto d’autore e che quindi è “socialmente” accettato e a volte anche ricercato.

Rimane da fare un’importante precisazione: quando si scatta è sempre fondamentale acquisire il numero massimo di informazioni dalla scena, quindi anche il colore. Il passaggio al bianco e nero deve essere una scelta da fare dopo, in post-produzione.

Impostare lo scatto in bianco e nero direttamente sulla macchina significa delegare a un processo automatico delle scelte creative che potrebbero rovinare degli ottimi scatti.

Facciamo un esempio estremo: se su una scena abbiamo un rosso, un verde e un blu che riflettono la stessa quantità di luce (ovvero hanno la stessa luminanza), e chiediamo al processore della nostra macchina fotografica di togliere l’informazione del colore, cosa otteniamo? Otteniamo… rullo di tamburi… tre grigi praticamente identici ed una pessima fotografia!

Quindi consiglio di scattare sempre a colori (e possibilmente in RAW, formato che aumenta ulteriormente la quantità di dati acquisiti dalla scena) e poi di convertire in bianco e nero le immagini a posteriori, con un software che ci permetta di scegliere come bilanciare la conversione B/N tra i vari colori ripresi (senza scomodare i blasonati Photoshop, Lightroom e Capture One, potete ottenere la stessa possibilità anche con software gratuiti come GIMP e StylePix).

Come esempio vi porto un’immagine che ho scattato al Campus Universitario di Torino, ambizioso progetto dell’architetto Foster. Prima vediamo lo scatto a colori:

Campus Universitario Torino - Foster e Campana

A mio avviso l’immagine si presta bene per una conversione in bianco e nero: i colori presenti non aggiungono nulla di buono alla fruizione della scena, trovo che gli alberi verdi riflessi nelle vetrate siano di disturbo; inoltre, trattandosi di una foto di architettura, vorrei che l’attenzione dell’osservatore fosse sulle linee dell’edificio e non su altro (per lo stesso motivo ho scelto un tempo di ripresa tale da rendere evanescenti le automobili).

Vediamo ora come potrebbe venire lo scatto ripreso con l’opzione bianco e nero della macchina fotografica:

Campus Universitario Torino - Foster e Campana

Molto spesso l’automatismo B/N delle macchine fotografiche genera immagini come questa, poco contrastate, piatte. Gli automatismi spesso lavorano “in sicurezza”, ovvero non si avvicinano troppo al “bianco pieno” o al “nero pieno” per evitare di avere delle zone non più leggibili.

Ora ripartiamo dallo scatto a colori e cerchiamo di fare una post-produzione almeno decente:

Campus Universitario Torino - Foster e Campana

Ho cercato di valorizzare le zone di luce e ombra, non mi sono preoccupato di zone troppo bianche (se c’è il sole riflesso in una vetrata è giusto che abbagli, è stata una scelta!) o troppo scure e ho così ottenuto un’immagine più contrastata e, secondo me, di maggiore effetto.

Come sempre spero l’articolo possa essere stato utile 😉

A presto,

Yari

Yari Tumiatti

Mi chiamo Yari e sono laureato in ingegneria. Sono appassionato di fotografia sotto tutti i punti di vista: la tecnica fotografica, la post-produzione delle immagini, i diversi stili, i grandi autori. Nelle mie foto cerco l’essenzialità e l’ordine e sono fermamente convinto del fatto che molte cose, anche se alla luce del sole, non possano essere viste da tutti fino a che qualcuno non le fotografa.

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