ARIA DI NATALE parte V

Cristina D'AvenaE siamo arrivati alla fine di questo tunnel natalizio. Da domani si comincia a disfare gli addobbi dall’albero che ho spelacchiato con l’azzardato tentativo di imitare un acuto di Mariah Carey. Insomma, sono state feste all’insegna di donne da record, forti, indipendenti e di grande successo. Personaggi femminili importanti. Perciò, in attesa della prossima festa, tanto a carnevale non manca tanto, ho pensato a un bel digestivo che mettesse allegria con i ricordi, il che può rasentare un miracolo. Eppure il miracolo c’è: Cristina D’Avena.
Non a caso ho scelto lei, perché ancora ha un seguito che tanti cantanti italiani si possono solo sognare. Per non parlare del successo discografico, vendite che si aggirano sui milioni di copie. Pochi in Italia hanno la rilevanza che ha lei. Per me equivale a un mito, non smetto mai di squarciarmi le corde vocali con le sigle dei cartoni animati. Potreste commuovervi frequentemente in questo post, nel quale inserisco direttamente video, scelti faticosamente tra le mille opzioni che non mi sentivo di escludere, le immagini non renderebbero l’importanza generazionale che ha questa donna: chi non vuole bene a Cristina D’Avena?
Ha accompagnato l’infanzia di intere generazioni e, da quel che sto sentendo in questo preciso momento, non solo l’infanzia: mia mamma le sta cantando tutte. E si ricorda i titoli.

Chiedo scusa se ho dovuto omettere le trecentottantasei pubblicazioni di Cristina D’Avena, ho davvero fatto una gran fatica anch’io a scegliere, un pianto per ogni esclusione. E non possiamo non citare Magica Emi, l’Ispettore Gadget, Memole dolce Memole, Mila e Shiro, Kiss me Licia, Lo strano mondo di Minù, Nanà supergirl, Scuola di polizia, Siamo proprio fatti così, Lady Oscar, Candy Candy, La stella della Senna, Evelyn e la magia di un sogno d’amore (uno dei motivi per cui portavo il cerchietto nei capelli da bambina), Georgie, Gli Snorky… posso andare avanti all’infinito. Vi renderete conto che dato il numero non basterebbe cantarne una al giorno.

Ho cominciato a sentire la sua voce seduta nella famosa scatola del giradischi già citata nel post sui Pink Floyd, e battevo le manine durante la sigla. La scena quotidiana era più o meno questa: arrivava mio fratello a disturbarmi facendomi diventare isterica. Appena attaccava Cristina calava il silenzio, rotto dalle mie manine che battevano il ritmo, poi imbambolamento da cartone animato anni 80. Che tempi.
Quando la mamma ti preparava pane e Nutella che ancora non riportava le calorie sull’etichetta e tu mangiavi beata. Quando mi attaccavo al televisore col mangianastri per registrare le sigle aiutata da mio papà che mi spiegava il cavo rosso in entrata, quello bianco in uscita. Oppure quando si andava a fare la spesa al supermercato sotto casa e mio nonno mi metteva sul carrello e cantavamo insieme “Kiss me, kiss me Licia, che si sporca la camicia”. E tutti che ci guardavano, non perché disturbassimo, ma perché mio nonno era un tipo solitamente molto, molto, molto riservato. Si passava a comprare la platessa che potevi soffriggere prima che ti dicessero che il tuo futuro prevedeva la cucina al vapore, si comprava il chinotto, le rosette e l’Asiago per la merenda. La nonna era in missione “banco del prosciutto”, cotto, tagliato “sottile che si rompe”: non ho perso questa abitudine e lo sanno bene al banco gastronomia del supermercato in cui vado. Mi odiano secondo voi? Forse, ma se ascoltassero Cristina D’Avena, passerebbe ogni pensiero negativo e verrebbero fuori come scoppiettanti pop corn solo ricordi che fanno sorridere.
Non è bello che un artista abbia questa qualità? Credo sia davvero rara. Cristina D’Avena ha fatto svolgere, e continua tutt’oggi, alla musica esattamente uno dei suoi compiti migliori: quello di unire, di smuovere ricordi ed emozioni.


Conservo ancora il mangianastri e le cassette della Five Records, quelle con l’etichetta arancione che non so per quale motivo, mi hanno sempre fatto venire una gran fame. Tutta colpa delle merende. E della cotoletta che mia nonna mi faceva mangiare davanti a Mimì, che era cugina di Mila. Non è forse vero che come cucinano le nonne, non cucina nessuno? Io penso a mia nonna e mi viene fame.
Le 16.30, sono state un orario cardine delle nostre giornate infantili. E’ pur vero che anche l’ora di cena era colma di cartoni che non mi perdevo, tipo Ken il Guerriero (se solo Toki non fosse stato malato), L’uomo tigre, Sampei. Ma Cristina non c’entra con quest’ultimi. Alle 16.30 potevi anche essere nel bel mezzo di un capitolo di storia o geografia o qualche problema di aritmetica che contemplava le situazioni più assurde, che tu interrompevi e correvi a guardare Bim Bum Bam. E cavolo, te le cantavi tutte!
Perciò mi sento di ringraziare questa donna che ha cominciato con lo Zecchino d’Oro quando aveva solo tre anni, sulle note del Walzer del moscelino… cioè del moscerino, e che, per fortuna nostra, non ha mai smesso. Mi manca di vederla dal vivo e in effetti me ne vergogno molto, dovrei riparare al più presto.
L’unica cosa che mi piacerebbe non rimanesse una curiosità a vita è questa: durante una trasmissione televisiva, parlo di tanti anni fa, dichiarò che aveva provato a cantare del punk. Vi giuro che potrei impazzire!
Intanto mi accontento di uscire dall’atmosfera natalizia e di chiudere la miniserie “Aria di Natale”, con la sensazione di aver fatto un bel viaggio, di aver esplorato personalità diverse ma unite dall’entusiasmo per ciò che hanno fatto e che fanno, e che proprio per questo, penso ci arrivino come grandi.

Giovanna Cardillo

Sono Giovanna. Da anni m’interesso di musica, che scrivo e soprattutto ascolto. Ho esperienza come musicista nel teatro terapeutico e ho studiato Culture e Tecniche della Moda. Mi innamoro di tutti i gatti che vedo e ho sposato appieno la loro filosofia di vita. Anzi, tutte le loro sette vite!

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